Figlia di negazionisti, la bambina va a scuola senza mascherina: allontanata dall'istituto
Il rifiuto di una famiglia di far indossare la mascherina in classe al figlio ha fatto scoppiare un caso in una scuola della Bassa Valsugana. Ora a prendere parola sono i genitori dei compagni: dispiaciuti e amareggiati per la situazione creatasi negli ultimi mesi. Hanno voglia di far sentire anche la loro voce e di rispondere ad alcune accuse che sono state mosse.
Partiamo dal «patto di corresponsabilità», accordo sottoscritto da scuole e genitori lo scorso settembre in cui entrambe le parti si impegnano nel gestire al meglio l’emergenza sanitaria. Tra i punti del patto c’è l’utilizzo della mascherina che, con il Dpcm dello scorso 3 novembre, è divenuta obbligatoria anche quando i bambini sono seduti al banco.
Una decisione che ha fatto discutere e che in questo istituto della Valsugana ha trovato la contrarietà di una famiglia, la quale si è rifiutata di mandare il figlio a scuola con la stessa, facendogli indossare invece una protezione in plastica per naso e bocca non conforme a quelle richieste. Una situazione che ha creato molta tensione. Così, al rientro dalle vacanze natalizie, di fronte al rifiuto dei genitori di cambiare mascherina, è stato negato l’accesso a scuola al bambino. La vicenda è stata resa nota dalla stessa famiglia tramite la Rai.
«E’ stato detto che, da novembre, né la scuola né le famiglie dei compagni di classe hanno fatto nulla. Che siamo intolleranti alle diversità, che si è passati subito ai fatti: non è vero - chiariscono i genitori della classe quinta -. Da subito è stato fatto presente sul gruppo WhatsApp la necessità di un uso conforme della mascherina, cercando di sensibilizzare tutti. La scuola e le insegnanti, prima di agire concretamente, hanno sempre cercato il dialogo, di trovare un compromesso e andare incontro alla famiglia per creare un clima migliore e permettere al bambino di venire a scuola. Ricevendo sempre rifiuti».
I genitori sottolineano come tutti i bimbi abbiano diritto all’istruzione: «Che è garantito con il compromesso che tutti noi stiamo rispettando. Un diritto che non è negato né dalla scuola né dalle famiglie, bensì da una scelta di questa famiglia».
E, in tema di diritto allo studio, ricordano che quando si vive in comunità il diritto individuale alla salute deve rispettare anche quello collettivo, tutelando le altre persone: «Il genitore parla solo dei diritti del figlio e dei pochi che non vogliono indossare la mascherina. Non si interessa degli altri, il cui diritto è leso nel momento in cui una persona decide di non indossarla o indossarne una non conforme a quella prevista. Diritto che in questi mesi è stato leso più e più volte» proseguono le famiglie.
Il riferimento è alle numerose occasioni in cui «i genitori del bambino sono entrati nel cortile della scuola (da settembre è vietato alle famiglie accedervi, ndr), senza permesso e senza dispositivi di protezione, avvicinandosi e rivolgendosi agli altri compagni con una terminologia poco adatta, invitandoli a togliere le mascherine, andando contro le indicazioni date dai genitori e dagli stessi insegnanti. I bambini e i loro insegnanti hanno assistito a urla e scene poco edificanti. Questo non ci piace, i nostri figli risentono della situazione, non sono tutelati ed ovviamente il clima in classe ne risente. È stato detto che i compagni hanno discriminato il figlio, addirittura si è usato il termine bullizzato» proseguono i genitori. «Non ci stiamo, lo escludiamo categoricamente: tra i bambini c’è un controllo sociale, si controllano a vicenda, riprendendosi se qualcuno ha la mascherina abbassata o non la indossa correttamente. Questo lo fanno perché sono sensibili al problema e al rispetto delle regole».
C’è amarezza, nelle loro parole: «La prima vittima di questa situazione è il bambino. Siamo dispiaciuti per lui e per i nostri figli, costretti a continue scene e discussioni. Devono andare a scuola sereni, è l’ultimo anno insieme, invece risentono del clima che si respira, della tensione delle insegnanti a cui va la nostra piena solidarietà: hanno cercato di tutelare tutta la classe, di mediare, dimostrandosi vere educatrici. Ci sentiamo molto vicini».
E ora? «Scriveremo anche noi al garante dei minori: come si fa a rivendicare il diritto di un singolo quando non è garantito il diritto di tutti gli altri?» concludono, aggiungendo: «Da quest’anno scolastico l’educazione alla cittadinanza è tornata materia di studio, ma come si possono fare progetti se manca l’abc?».