Italia, l'allarmante indagine su un network di presunte cyber-spie: trovato l'archivio
Montagne di documenti raccolti quando era investigatore in Polizia, con le analisi e le informative delle più importanti operazioni di criminalità organizzata nazionali e internazionali, le schede dei più pericolosi uomini di mafia e una seria di carte scottanti. Sarebbe questo parte dell’archivio sequestrato in un garage a casa della segretaria di Carmine Gallo, l’ex super poliziotto ai domiciliari nell’ambito dell’indagine della Dda di Milano e della Dna su un network di presunte cyber-spie.
Un archivio che dovrà essere analizzato, assieme ai dispositivi informatici nelle disponibilità di tutto il gruppo, da un pool di tecnici dei carabinieri del Ros e che potrebbe diventare una miniera per inquirenti e investigatori. Mentre sono stati fissati per giovedì prossimo, davanti al gip Fabrizio Filice, gli interrogatori di garanzia per i destinatari dei provvedimenti di arresto, ossia Gallo, Nunzio Samuele Calamucci, Massimiliano Camponovo e Giulio Cornelli, e per un poliziotto e un finanziere sospesi dal servizio, il pm Francesco De Tommasi, che sta indagando con il collega della Direzione Nazionale Antimafia, Antonio Ardituro, ha depositato l’appello contro il rigetto di una decina di misure cautelari.
Nell’atto, da quanto è trapelato, sono delineate con maggior incisività alcune contestazioni tra le quali, quelle di cui risponde Enrico Pazzali, il proprietario della Equalize, la società di investigazione privata attorno a cui ruoterebbe l’imponente traffico illegale di informazioni che avrebbe in attivo, secondo i calcoli, oltre 800 mila dati rubati dai terminali in meno di tre anni, con profitti di 3 milioni di euro. Anche gli spiati erano oltre 800mila. Pazzali, che è anche presidente della Fondazione Fiera, pur non ricoprendo un ruolo diretto «nella materiale esfiltrazione» dei dati, poi rivenduti, è considerato una delle «colonne portanti» dell’associazione per delinquere.
Come si legge nella richiesta degli arresti domiciliari avanzata dalla Procura nei suoi confronti e nei confronti di altri, anche lui «per finalità personali, » avrebbe sfruttato «le capacità del gruppo di via Pattari» -via dove ha sede la società di cui è titolare e Gallo amministratore delegato - «di acquisire illecitamente informazioni e dati sensibili, riservati e segreti». Come quelli, di cui c’è traccia nelle intercettazioni, che lui stesso ha chiesto sul presidente del Senato Ignazio La Russa e sui suoi figli, e su coloro che avrebbero potuto ostacolargli la carriera o favorirla.
Informazioni che poi si sarebbe giocato anche nei suoi rapporti come quello con la ministra Daniela Santanché ignara di tutto e estranea alla vicenda che ha anche risvolti allarmanti per via di un account e-mail, sembrerebbe clonato, del Presidente Sergio Mattarella. Quanto all’archivio, ora in mano ai pubblici ministeri, è lo stesso Gallo, intercettato, a parlarne.
L’estate dell’anno scorso ha raccontato ai suoi di avere «quasi un quindici, sedici mila schede personali di soggetti, ma non soggetti mafiosi, anche soggetti non mafiosi, nome, cognome, dove è nato, a chi è collegato, la famiglia chi sono, i parenti chi sono» e «la mappa delle famiglie calabresi in Germania». Oltre ai video su Silvio Berlusconi e sul caso Ruby, ha spiegato di aver «tantissimo materiale».