ROMA - Quella notte all'Heysel Juventus-Liverpool "si doveva giocare altrimenti ci sarebbero stati oltre mille morti". Una tragedia, una strage che ha segnato non solo il calcio italiano ma anche quello mondiale, in maniera indelebile. Sono passati 40 anni da quel maledetto 29 maggio nel fatiscente stadio di Bruxelles, e anche se ricordare "fa ancora male", come dice 'Le Roi' Platini, dimenticare è impossibile.
Ci sono state altre tragedie, nel calcio mondiale, anche con bilanci più tragici, ma nessuna come l'Heysel è così evocativa. Non solo per l'importanza dell'appuntamento e per il peso delle protagoniste in campo, ma per l'assurdità della dinamica, l'impatto devastante delle immagini tv, il bando per 5 anni delle squadre inglesi dall'Europa su proposta di Londra e le draconiane misure della Tatcher contro la piaga degli hooligans.
La vergogna del calcio. Doveva essere un'occasione di festa, come ogni finale di Coppa dei Campioni, si trasformò in un dramma, con la morte di trentanove persone (di cui 32 italiane, rimasero feriti in oltre 600) e poi le infinite polemiche per la partita giocata, e poi vinta dalla Juve con un rigore di Platini. Ma sulle accuse, è pressoché univoco il ricordo e l'opinione di chi c'era, in campo, come Massimo Briaschi. "I colpevoli? L'Uefa - si dice certo l'ex attaccante Juve -che scelse uno stadio inadatto e gli hooligan" che furono banditi dal calcio e a cui fu attribuita ogni responsabilità da parte del processo penale. Il disastro si consumò circa un'ora prima del match quando gli hooligans, ovvero i tifosi inglesi più accesi e violenti, cominciarono a spingersi verso il settore Z, dove erano posizionati molti tifosi juventini organizzatisi autonomamente. Lo fecero a ondate, cercando il take an end ("prendi la curva") e sfondando le reti divisorie.
Un'azione criminale che portò al crollo di un muro per la grande calca che venne a crearsi e la morte di tante persone rimaste schiacciate e calpestate dalla folla che cercava una via d'uscita. Una tragedia ricordata a 40 anni di distanza da chi quella partita maledetta l'ha dovuta giocare come Briaschi, uno dei 22 scesi in campo in quella tragica serata del 29 maggio 1985 : "mi ricordo tutto perfettamente come fosse oggi - racconta all'Ansa - tutto quello che è successo. Un ricordo che non finirà mai, assolutamente no. Un ricordo che ti resta dentro per sempre- Perché si gioco? Sulla partita avevamo notizie frammentarie, passavano persone che dicevano che c'era un morto e che si stavano menando. La verità dei 39 morti l'abbiamo saputa in hotel dopo la partita. Che per fortuna è stata giocata: altrimenti ci sarebbero stati più di mille morti. La situazione non era sotto controllo. Abbiamo giocato in uno stadio che non poteva avere una finale di Coppa dei Campioni - aggiunge l'ex attaccante bianconero oggi procuratore di giovani promesse del calcio - Già al mattino c'erano stati chiari segnali: gli hooligans sono arrivati allo stadio in condizioni vergognose, li avevamo visti in citta bere casse di birra.
Le polemiche per la festa a fine partita? Ce lo disse l'Uefa di andare sotto la curva per non peggiorare la situazione. Le colpe? L'organizzazione e uno stadio non adatto ad una partita di quel tipo. Fu un'esperienza - conclude Briaschi - traumatica, sono cose che a vent'anni ti possono stravolgere la vita. Una tragedia che va ricordata affinché non accada mai più".
Tra gli undici in campo c'era anche Platini: "Sono brutti ricordi - afferma l'ex numero 10 bianconero che in quella finale realizzò il rigore della vittoria contro il Liverpool - non ne parlo volentieri. Mi ha fatto davvero male pensare alle persone che erano venute per vederci e poi non sono tornate". La memoria, invece, torna sempre a quel maledetto 29 maggio.