Da Hanoi a Saigon: cinque amici in bici / 5
Cronache di un viaggio che è anche tributo: da nord a sud del XVII parallelo, segnato ancora dagli echi della storia
LA GALLERY/1 I colori di Hanoi
LA GALLERY/2 Bici, fiumi e...
LA GALLERY/3 Un Paese in festa
LA GALLERY/4 Grandi contrasti
LA GALLERY/5 Tra spiagge e mercati
Le donne vietnamite sono venditrici eccezionali; di prima mattina aprono il mercato di Ben Thanh, che è anche un’icona per questa città, situato nel Distretto 1 di HCMC (Saigon). Il mercato si presenta come una struttura coperta, dalla base quadrata, con un altissimo tetto sorretto da archi in cemento. Lo stile è coloniale. Ci immergiamo negli intricati corridoi, camminiamo a pochi centimetri dalle merci, perfettamente esposte e sovra illuminate e, nonostante qui si annullino tutti i normali parametri della prossemica umana, regna la calma. Molti sono i prodotti dolciari locali, il loro profumo all’interno si unisce alla moltitudine di tutti coloro che visitano ogni giorno il mercato, dall’alba fino a quando si chiudono i cancelli. Quasi tutte le signore addette alle vendite sono curate nell’abbigliamento, parlano inglese ma si fanno capire ad ogni costo.
La loro insistenza è un’insistenza gentile e rispettosa e quando si contratta, ad esempio un prezzo troppo basso, accettano di buon grado e fanno la faccia triste come uno che piange. Viene voglia di tornarci per comprare qualcos’altro; ma sarebbe quasi impossibile, fra le migliaia di banchetti, ritrovare quello del giorno prima perché, nella vertigine di questo labirinto, l’unico modo di orientarsi è guardare in lontananza agli incroci il numero del gate di ingresso.
La mattina del 10 febbraio è una mattina di ottimismo, perché oggi si volerà a Phú Quốc, un’isola vietnamita a circa un’ora di volo, appena al largo della Cambogia; un’isola che in passato è stata anche contesa tra le due nazioni. In attesa di essere pronti, si fa un giro ai giardini pubblici di fronte all’hotel. Tantissime persone sono impegnate nello sport, molte di queste anziane. Praticano Jogging, “Tai Chi”, o giocano a “Shuttlecock”, uno sport noto anche come “jianzi”, simile al Badminton. Lasciamo in mattinata il vivace Distretto 1 per l’aeroporto; all’arrivo a Phú Quốc ci attende l’amico e nostra guida Phong che, coincidenza, è qui per lavoro.
Tra spiagge e mercati
Phú Quốc è un’isola tropicale nota per le spiagge di sabbia bianca con molti resort, lungo una costa ricca di palme; molto del suo territorio fa parte di un Parco nazionale. Dopo una prima perlustrazione, comprendiamo presto che questo è un luogo vocato al turismo di massa convenzionale; una specie di Rimini del Mar Cinese Meridionale. È piena di turisti russi, c’è addirittura un volo diretto da Mosca e molte scritte sono in russo. Sulle spiagge del centro più importante, Duong Duong, c’è un fiorente mercato del massaggio sui bagnasciuga e molti ne approfittano poiché un’ora di massaggio, al cambio, costa solo pochi dollari (la seconda valuta dopo il Dong). Si tratta di una condizione di ricchezza transitoria che, a quanto si vede, spinge al consumo; non fa per noi che “non ci curiam di lor” perché siamo consumatori solo di birra Saigon, Hanoi o Tiger. Con le bici rimaste da sole a Ho Chi Minh e con un tasso di umidità da bagno turco, decidiamo per il noleggio scooter e partiamo per un tour dell’isola guidati dal nostro amico Phong che, quando libero da impegni professionali, gentilmente ci accompagna.
L’isola sarebbe bellissima se non fosse per l’onnipresente residuo di plastica assieme al fumo asfissiante dei vari falò alla diossina accesi qua e là senza religione. Peccato! Un luogo incantevole che, se diversamente vissuto, sarebbe una perla, oltraggiato da uno sfruttamento turistico da boom economico e a sud dell’isola di km di cementificazione in improbabili stili europei (veneziano, ma anche teutonico e norvegese...). Anyway, lasciamo l’isola portandoci nel cuore la cosa più preziosa: il sorriso e la gentilezza della gente di qui che, solo per questo, crea nostalgia di questa terra. E questo è molto! Rientriamo a Saigon dove le nostre bici stanno aspettando. Partenza verso l’ultima meta: il leggendario Delta del Mekong. Una settantina di km di bellezza che assorbono tutto lo stress e la diossina dell’uscita da Saigon coi suoi sciami di scooter! Raggiungiamo la città di My Tho, usciamo in cerca di una Saigon, una Hanoi o una Tiger e, paradossalmente, non se ne trovano. Sconsolati ci sediamo ad un ristorante di strada olfattivamente interessante.
Chiediamo il menù e non ce l’hanno, ma in 30 secondi ci servono spontaneamente tre tegami roventi su taglieri di legno, prima ancora di sentirsi dire che volevamo mangiare qualcosa. È pot-pourri, misto carne e verdura con due spicchi di patate, insistiamo con la birra, ma niente, solo Pepsi. L’indomani, Lio e Stefano partono in esplorazione del delta del Mekong che promette belle sorprese. E così sarà; Bob rimane in loco, a riposo. Si percorrono vie alternative tra le campagne coltivate a cocco, banano e dragon fruit in direzione delle cittadine di Cái Bè e Ben Tre, in uno scenario fluviale dove ci si sposta da un’isoletta all’altra con piccoli ferry boat. Le comunità rurali qui sono molto organizzate. Ci sono cartelli intimidatori rivolti a chi sversa qualsiasi tipo di rifiuto nei canali, pena sanzione elevatissima. E la cosa funziona bene, per cui si pedala in un verde che puoi trovare solo dai tropici verso l’equatore. È un verde quasi smeraldino che ricorda il colore della Opel Kadet 1000 dei primi anni 70, che quando la vedevi pensavi: ma come è possibile! Durante una sosta (umidità da bagno turco e temperatura sopra i 30), Lio e Stefano si riparano all’ombra, in un’area pubblica allestita con delle amache. E mentre si tira il fiato, un ragazzo che consegna gelati si avvicina e gliene regala due enormi, saluta e se ne va.
Anche questo è Vietnam! L’indomani si torna a Saigon per organizzare il rientro in patria. Si prenota con un portale blasonato e si arriva accolti come avventori importanti all’hotel 419, nel Distretto 1, il cuore di HCMC. La Madame è molto premurosa ed è stupita per le nostre modalità di viaggio; ci fa più volte il gesto di Popeye che, alla nostra veneranda età, è incoraggiante. Le stanze sono tutte a tema: stile giapponese con lanterne rosse, una tipo “Love Boat” tutta rosa compresa la vasca da bagno e con letto circolare, una terza modello Old West, con pavimento in vero marmo, dove mancano soltanto i Wincester appesi alle pareti. Che pacchia! L'ultima sera usciamo per una perlustrazione nella zona monumentale Truong Dai Bac Ho dove, nel mezzo di uno Skyline degno di una metropoli cosmopolita, è eretta la statua del Padre della Patria, morto a 68 anni e che non ha potuto vedere compiuto ciò che aveva immaginato per il popolo vietnamita. on possiamo esimerci da questo tributo. Al di là delle ideologie, qui siamo a casa di un primus inter pares, che ha lavorato in giro per il mondo facendo lavori umili, per imparare le lingue (anche l’italiano), per incontrare intellettuali, per studiare, parlare, pensare, sbagliare e amare da lontano il proprio popolo, soggiogato dall’imperialismo etnocentrico e parassitario.
E questa è la fine della storia, cari amici, amiche, lettori e lettrici che ci avete fatto il dono di dedicare il vostro tempo alla lettura dei nostri resoconti. Ci preme accomiatarci da questo blog con lo stesso messaggio che ci ha lasciato un’anziana ristoratrice di un locale dove abbiamo cenato la sera prima di partire: “Vorremmo ringraziarvi sinceramente per aver supportato il ristorante Hai Trieu Pho. Vorremmo ringraziarvi sinceramente e augurarvi buona salute, successo in tutti i campi e un viaggio di successo”. Questo è quanto.
Alla prossima amici! Grazie di cuore.
Roberto – Lionello – Stefano – Luca - Enrico
Ps: Un grazie a Maria Pia Oliviero e ad Erna Pisetta per la rilettura, correzione e revisione delle bozze e per l’amorevole supporto critico. Il resoconto è stato redatto talvolta direttamente dalla bici con la dettatura automatica e confezionato generalmente durante la notte, perché al mattino si pedalava intensamente.
Grazie all’amico Elio Gonzo, viaggiatore empatico, che si è offerto di farci da autista per e da Milano Malpensa. Un ringraziamento a Mariano Anderle per la consulenza prima della partenza.