L'America Latina piange Hugo Chavez
Un fiume rosso di centinaia di migliaia di persone che indossavano il colore della rivoluzione bolivariana ha attraversato ieri il centro di Caracas accompagnando il feretro di Hugo Chavez, in una dimostrazione di commosso omaggio popolare al presidente venezuelano scomparso da poche ore. Il giorno dopo la morte di Chavez, l'alba di una nuova era per il Venezuela si è aperta con 21 salve di cannone, sparate alle 8 del mattino da tutte le unità militari del Paese in ricordo di un presidente amatissimo dal popolo, soprattutto dalla parte più povera, e rimasto fedele al suo passato militare fino all'ultimo dei suoi giorni
Un fiume rosso di centinaia di migliaia di persone che indossavano il colore della rivoluzione bolivariana ha attraversato ieri il centro di Caracas accompagnando il feretro di Hugo Chavez, in una dimostrazione di commosso omaggio popolare al presidente venezuelano scomparso da poche ore.
Il giorno dopo la morte di Chavez, l'alba di una nuova era per il Venezuela si è aperta con 21 salve di cannone, sparate alle 8 del mattino da tutte le unità militari del Paese in ricordo di un presidente amatissimo dal popolo, soprattutto dalla parte più povera, e rimasto fedele al suo passato militare fino all'ultimo dei suoi giorni.
Gli stessi cannoni hanno continuato a sparare salve ad ogni ora fino all'allestimento della camera ardente nell'Accademia Militare di Caracas, dove il feretro del presidente resterà esposto fino ai solenni funerali di Stato di domani. La salma del leader venezuelano ha lasciato l'Ospedale Militare di Caracas ieri mattina: dopo una breve preghiera e benedizione da parte di un sacerdote, e mentre migliaia di persone riunite davanti all'ospedale cantavano l'inno nazionale, il feretro, avvolto nella bandiera venezuelana, è stato caricato sul veicolo che lo ha portato verso l'Accademia. La processione funebre è rapidamente diventata una manifestazione di massa: le immagini trasmesse dalla televisione pubblica mostravano sulla principale arteria di Caracas oltre mezzo chilometro di persone che sfilavamo a ritmo lento, accompagnando l'ultimo viaggio del comandante.
Il vicepresidente Nicolas Maduro - l'uomo che Chavez ha designato prima di morire come suo delfino e che ha assunto l'interim della presidenza fino alle elezioni, da convocare entro 30 giorni - ha seguito il percorso, accompagnato per un lungo tratto dal presidente boliviano Evo Morales, subito accorso. Il presidente dell'Assemblea Nazionale, Diosdado Cabello, si trovava anche lui a pochi passi dal feretro di Chavez, che ha salutato con il pugno alzato.
L'emozione riempiva ogni angolo: molti piangevano, altri esibivano la bandiera venezuelana e cantavano le canzoni che Chavez più amava, scandendo slogan in ricordo del presidente. Il più frequente è stato: «Siamo tutti Chavez».
Dopo l'esposizione del feretro all'Accademia Militare, domani si svolgeranno i funerali di Stato, al quale parteciperanno presidenti e premier latinoamericani, ma anche del resto del mondo. Oltre al boliviano Morales sono già arrivati a Caracas i presidenti di Argentina e Uruguay, Cristina Fernandez de Kirchner e José Mujica, ed entro oggi arriveranno anche i leader di Ecuador, Perù e Brasile, Rafael Correa, Ollanta Humala e Dilma Rousseff.
Tutto il Sud America si è infatti fermato alla notizia della morte del lìder che ha avviato profonde riforme nel suo paese che, fino al 1998, era uno dei più poveri del continente. Nella Venezuela «saudita», quella considerata una gran democrazia e un modello per l'Fmi, ma dove i proventi del petrolio restavano nelle tasche di pochi, i poveri e gli indigenti erano il 70% (49 e 21%) della popolazione. Nel Venezuela bolivariano del «dittatore populista» Chávez ne restano meno della metà (27 e 7%). A questo dato va affiancata la moltiplicazione del 2.300% degli investimenti in ricerca scientifica e il ricordo che, con l'aiuto decisivo di oltre 20.000 medici cubani, è stato costruito da zero un sistema sanitario pubblico in grado di dare risposte ai bisogni di tutti. A riconoscere i meriti di Chavez, al di là della retorica americana che lo dipingeva come un dittatore nonostante in Venezuela mai sia stata messa in dubbio l'attività dei partiti di opposizione (e la dimostrazione è che il candidato presidente del centro-destra, Capriles, guida uno stato importante come Miranda), è stato persino l'ex presidente Usa Jimmy Carter. Certo non un «chavista».
Ma il presidente venezuelano era autoritario, questo sì: e tra i suoi «amici» vanno annoverati il discusso presidente iraniano, Mahmud Ahmadinejad, così come il lìder maximo cubano Fidel Castro e il presidente russo Vladimir Putin. Per non dimenticare l'ex dittatore libico Gheddafi.
E ora, con la morte di Chavez, tutto potrebbe cambiare velocemente, non solo all'interno del Venezuela ma anche nei rapporti tra Caracas e il mondo: a dirlo è Andres Canizalez, analista presso l'Università Andrès Bello, che scommette su una riduzione consistente del ruolo di Caracas, ma anche su un miglioramento dei rapporti con gli Stati Uniti.