Un pezzo alla volta, il Muro di Berlino sparisce
Le proteste delle scorse settimane non sono valse a fermare le ruspe e ieri mattina è stata aperta a sorpresa una nuova breccia nella memoria di Berlino e di tutta l'Europa: seppure solo temporanea, secondo le assicurazioni date sul posto. La società costruttrice di un edificio di lusso sulle rive del fiume Sprea ha divelto e spostato sei metri della East Side Gallery, la striscia più lunga oggi ancora in piedi del Muro, che ha diviso la capitale tedesca per 28 anni ed è stato il simbolo più tangibile della Guerra Fredda tra il blocco occidentale e quello sovietico
Le proteste delle scorse settimane non sono valse a fermare le ruspe e ieri mattina è stata aperta a sorpresa una nuova breccia nella memoria di Berlino e di tutta l'Europa: seppure solo temporanea, secondo le assicurazioni date sul posto.
La società costruttrice di un edificio di lusso sulle rive del fiume Sprea ha divelto e spostato sei metri della East Side Gallery, la striscia più lunga oggi ancora in piedi del Muro, che ha diviso la capitale tedesca per 28 anni ed è stato il simbolo più tangibile della Guerra Fredda tra il blocco occidentale e quello sovietico.
Protetti da circa 250 agenti di polizia, i bulldozer sono entrati in azione poco dopo le cinque del mattino, aprendo il varco necessario all'inizio dei lavori. Un portavoce della Living Bauhaus, la società dell'investitore Maik Uwe Hinkel proprietaria del terreno su cui sorgerà l'esclusivo edificio, ha assicurato che il Muro sarà ripristinato nella sua forma originaria a fine lavori, spiegando anche che le autorità locali erano state avvertite del blitz di ieri.
Eppure il Senato del Land di Berlino e il municipio del quartiere di Friedrichshain-Kreuzberg (dove si trova l'East Side Gallery) - che da settimane si palleggiano la responsabilità per i permessi concessi alla Living Bauhaus - hanno parlato di un «affronto». Ignorato è rimasto tra l'altro il tentativo di compromesso abbozzato dal borgomastro di Berlino, Klaus Wowereit, che aveva proposto di allargare un varco vicino già esistente senza aprirne di nuovi.
«È una follia quello che sta accadendo», si è lamentato incredulo Arno Paulus, portavoce di una delle associazioni che si sta battendo per conservare quel chilometro e trecento metri di Muro nel suo stato attuale. Incredibile che le autorità non si decidano a tutelare la memoria di coloro che persero la vita nel tentativo di scavalcare proprio quel muro, ha attaccato l'Associazione delle vittime della Repubblica democratica tedesca (Ddr).
Alle proteste delle scorse settimane contro la demolizione parziale e temporanea della East Side Gallery - resa famosa in tutto il mondo dai murales dipinti da 118 artisti poco dopo la caduta del Muro, nella primavera del 1990 - avevano preso parte migliaia di persone.
Nell'ultima grande manifestazione organizzata dieci giorni fa aveva fatto la sua comparsa, con tanto di conferenza stampa e accorato appello per il Muro, anche l'attore statunitense David Hasselhoff. Il popolare protagonista di telefilm come Baywatch e Supercar è molto amato in Germania: proprio nelle settimane successive alla caduta del Muro, Hasselhoff scalò le classifiche musicali locali con la hit «Looking for freedom», cover che divenne un inno alla libertà ritrovata dei tedeschi dell'est, anche se il testo non aveva nulla a che fare con la divisione della Germania. «Oggi è un giorno triste», ha commentato sconsolato Hasselhoff, poche ore dopo l'abbattimento, su Twitter.
Lo sfregio arriva pochi giorni dopo l'annuncio, sempre a Berlino, di un nuovo luogo della memoria: il museo della Trabant, la vecchia utilitaria guidata dall'80% degli abitanti della Germania dell'est. Promosso da un imprenditore, il quarantenne Andrè Prager che ha fatto fortuna con «il business della nostalgia» (gestisce infatti il Trabì-Safari che offre giri turistici sulle Trabant), il museo forte di 130 pezzi ha trovato già una sede nel centro della capitale e potrebbe aprire in pochi mesi, facendo in realtà concorrenza all'esposizione di Zwickau, dove le utilitarie venivano prodotte.