E se alla fine restasse Napolitano?

Dalle elezioni di febbraio sono passati ormai 38 giorni, ma il successore di Mario Monti non è in vista. Napolitano ha provato a sbloccare lo stallo con l'istituzione delle due commissioni di saggi. Dando l'avvio ai lavori delle due commissioni al Quirinale, ieri Napolitano ha voluto togliere di mezzo la preoccupazione che i «magnifici dieci» siano stati chiamati al Quirinale con intenti dilatori (invece dovranno produrre i risultati del loro lavoro in otto-dieci giorni). In più, ha chiarito che l'inedita decisione  non intende prefigurare quale debba essere la futura maggioranza di governo

Dalle elezioni di febbraio sono passati ormai 38 giorni, ma il successore di Mario Monti non è in vista. Napolitano ha provato a sbloccare lo stallo con l'istituzione delle due commissioni di saggi. Dando l'avvio ai lavori delle due commissioni al Quirinale, ieri Napolitano ha voluto togliere di mezzo la preoccupazione che i «magnifici dieci» siano stati chiamati al Quirinale con intenti dilatori (invece dovranno produrre i risultati del loro lavoro in otto-dieci giorni). In più, ha chiarito che l'inedita decisione  non intende prefigurare quale debba essere la futura maggioranza di governo.
È un fatto, però, che gli unici politici chiamati a far parte delle due commissioni vengono dal Pd, dal Pdl e da Scelta Civica: di qui il sospetto che dietro la scelta di Napolitano ci sia un governo di larghe intese. Forse anche per questo Bersani ha sentito il bisogno di tornare a proporre la sua ricetta: un governo di rinnovamento da lui guidato e che tenga fuori il Pdl, salvo che per approvare insieme le riforme istituzionali.
È sembrato per un momento che le lancette dell'orologio tornassero indietro di qualche giorno: di nuovo Bersani a proporre la sua idea di governo, di nuovo Alfano a dire che o si fa il governissimo o si va a elezioni a giugno. Salvo che la partita sul successore di Giorgio Napolitano al Quirinale sta diventando sempre più cruciale.
Berlusconi sente avvicinarsi il rischio che il Pd, con l'appoggio dei grillini, porti al colle un uomo di parte: il Pdl teme che arrivi un Prodi o uno Zagrebelski, comunque un presidente che non renderebbe la vita facile a Berlusconi dentro e fuori le aule dei tribunali.  Ma i pidiellini temono anche che un capo dello Stato a loro ostile possa ridare l'incarico a Bersani, avendo in più come arma di pressione quella dello scioglimento delle Camere (che Napolitano non può usare perchè ora si trova nel pieno del semestre bianco).
Bersani assicura di voler lavorare affinchè il nuovo presidente della Repubblica vanga scelto  «a larghissima maggioranza», e si dice pronto a incontrare Berlusconi «ma in una sede istituzionale, non ad Arcore o a palazzo Grazioli»).
Nel Pdl nessuno si fida, e Berlusconi è ormai deciso a fare di tutto per scongiurare il pericolo che il Quirinale si trasformi in un avamposto dei suoi nemici. In questo clima non è più fantapolitica pensare a una riconferma di Napolitano, del quale Berlusconi ha sempre apprezzato la correttezza e che il pd troverebbe difficile non rivotare.

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