«Parlamentari pagati dalle lobby»
«Chi sa qualcosa sui parlamentari pagati da multinazionali, farebbe bene a denunciare questi comportamenti gravissimi». Dopo il polverone scatenato dal servizio del programma Le Iene su Italia 1, interviene in prima persona il presidente del Senato Pietro Grasso che assicura da parte sua: «Io mi adopererò per fornire agli inquirenti nel più breve tempo tutte le informazioni che riterranno utili alle indagini»
«Chi sa qualcosa sui parlamentari pagati da multinazionali, farebbe bene a denunciare questi comportamenti gravissimi». Dopo il polverone scatenato dal servizio del programma Le Iene su Italia 1, interviene in prima persona il presidente del Senato Pietro Grasso che assicura da parte sua: «Io mi adopererò per fornire agli inquirenti nel più breve tempo tutte le informazioni che riterranno utili alle indagini». «Purtroppo - fa notare la seconda carica dello Stato - la natura di denuncia, anonima nella fonte e nei destinatari, rende difficile procedere all'accertamento della verità. Spero quindi che gli autori del servizio e il cittadino informato di fatti così gravi provvedano senza indugio a fare una regolare denuncia alla procura, in modo da poter accertare natura e gravità dei fatti contestati».
Il patron delle Iene, Davide Parenti, interpellato dall'agenzia giornalistica Ansa sulle parole del presidente del Senato risponde: «Noi abbiamo fatto il nostro mestiere, siamo riusciti a trovare qualcuno che parla. Ma va detto che la questione sollevata dal nostro programma non può essere certo un fatto di cui nessuno è a conoscenza. Ovvero, come ci siamo arrivati noi, immagino, saranno stati informati da tempo quelli che lavorano nel palazzo. Mi risulta difficile immaginare che lì nessuno sapesse».
Nel servizio delle Iene un assistente parlamentare di Palazzo Madama, che preferisce restare anonimo, denuncia l'esistenza di senatori e onorevoli a libro paga di alcune multinazionali, le cosiddette lobby. L'obiettivo, spiega sempre la fonte anonima, è «far sì che quando ci sono degli emendamenti da votare, i senatori e gli onorevoli li votino a favore della categoria che paga».
Inoltre il servizio fa presente l'esistenza di collaboratori di senatori, i cosiddetti «portaborse», che lavorano in nero a 800 euro al mese ma che per entrare a Palazzo Madama dispongono di regolare tesserino: «Il 70% dei miei colleghi si trova nelle mie stesse condizioni ed entriamo con un badge regolare», racconta la fonte anonima spiegando di «lavorare in nero dal 2003» e di essere stato assistente «sia di un senatore di destra che di un senatore di sinistra».
«Tutta colpa dell'autodichia», commenta il questore del Senato e esponente grillina Laura Bottici: «All'interno di Palazzo Madama vige la regola che si fanno le leggi ma la legge esterna non può entrare a controllare quello che si fa all'interno del palazzo. È questo il problema grandissimo».
«Giorni fa ho evidenziato l'esigenza di una legge che disciplini, in maniera chiara e trasparente, l'attività lobbistica che al momento, seppur sempre presente, si muove in maniera nascosta» ha chiarito il presidente del Senato.