Giustizia / La storia

Morì per gli spaghetti, in aula il dolore del cugino: “Maria rapita dalla Rsa”

Mario Basso, architetto di Trento, ha parlato per un’ora e mezza davanti ai giudici di Catania. Ha ricostruito il rapporto con la cugina Maria, raccontando in maniera dettagliata ciò che è successo in quel drammatico dicembre di due anni fa, dalla irruzione improvvisa dell'imputata Paola Pepe nella vita della vittima, a quello che ha definito un «rapimento»

di Marica Viganò

TRENTO. «Maria era in balìa di persone che le facevano fare ciò che volevano». Così Mario Basso, architetto di Trento, davanti alla Corte d'assise di Catania. «Le hanno fatto firmare due testamenti a distanza di pochi giorni: il primo che indicava come erede universale la mamma di Paola Pepe, il secondo che indicava come erede universale la stessa Pepe. È automatico dedurre che Maria era confusa».

Per un'ora e mezza Mario Basso ha parlato davanti ai giudici. Un'ora e mezza in cui ha ricostruito il rapporto con la cugina Maria, raccontando in maniera dettagliata ciò che è successo in quel drammatico dicembre di due anni fa, dalla irruzione improvvisa dell'imputata Paola Pepe nella vita della vittima, a quello che ha definito un «rapimento».

La donna, che ora è a processo per omicidio aggravato e circonvenzione di incapace, prelevò la prozia Maria Basso dalla casa di riposo in cui viveva ad Asiago con la scusa di andare a prendere un gelato, ma il viaggio proseguì fino alla Sicilia.

«Paola Pepe ha letteralmente rapito Maria, l'ha sottratta alla casa di riposo. Quando è arrivata al compleanno di Maria, alla festa per gli 80 anni, noi non sapevamo nemmeno chi fosse. Ma da subito le è stata attaccata come un koala all'albero».

Maria Basso venne collocata dalla Pepe in una casa di cura di Aci Castello, dove morì il 16 dicembre 2022, una quindicina di giorni dopo il trasferimento da Asiago. Morte causata da un piatto di spaghetti mangiato in un ristorante, dove era stata portata dalla stessa Pepe. Cibo vietato all'anziana, che per una patologia poteva assumere solo cibo omogeneizzato.

Questo Paola Pepe, 58 anni, lo sapeva: la tesi dell'accusa è che abbia provocato la morte della prozia per impossessarsi dell'eredità da un milione di euro. A far partire le indagini è stato proprio l'architetto Mario Basso, che ha parlato a lungo in aula, rispondendo punto per punto alle domande del pubblico ministero e agli attacchi dell'avvocato dell'imputata.

«Andavo settimanalmente a trovare mia cugina Maria, ogni volta che passavo ad Asiago per lavoro andavo da lei. La pm ha voluto entrare nei particolari di quanto accaduto nel dicembre 2022 - ha spiegato l'architetto a margine dell'udienza - Con le mie risposte ho messo in difficoltà la difesa, anche perché da parte dell'avvocato della Pepe mi sono state rivolte domande riconosciute anche dalla Corte come non pertinenti».

Nel corso dell'udienza è stata sentita anche una cugina di Maria, Roberta, residente a Roma, che non ha esitato a definire la Pepe «una piovra» per come stava addosso all'anziana. «Le diceva "zietta mia, amore mio, quando sei bella". Noi non sapevamo neppure chi fosse quella donna». Paola Pepe e la prozia Maria Basso non si vedevano da circa vent'anni. L'imputata respinge ogni accusa.

L'avvocato che la difende precisa: «Abbiamo prove documentali e fotografiche che i rapporti fra la zia e Paola erano antichissimi. Per la zia, Paola era la figlia che non aveva mai avuto».Si torna in aula a gennaio, con altre testimonianze.

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