Ruby, la difesa: «Giudici prevenuti»
Giudici «prevenuti» e una Procura che con «ha indagato solo su Berlusconi» tralasciando altri spunti investigativi e contestando un reato «politico» che non spetta alla magistratura milanese trattare. Sono alcuni dei punti toccati dalla difesa del Cavaliere, imputato al processo sul caso Ruby
Giudici «prevenuti» e una Procura che con «ha indagato solo su Berlusconi» tralasciando altri spunti investigativi e contestando un reato «politico» che non spetta alla magistratura milanese trattare. Sono alcuni dei punti toccati dalla difesa del Cavaliere, imputato al processo sul caso Ruby, che ieri al termine dell'arringa ha chiesto innanzitutto al Tribunale di spogliarsi del procedimento dichiarando la competenza del Tribunale dei Ministri per l' accusa di concussione e di Monza per quella di prostituzione minorile e, in seconda battuta,la piena assoluzione. Per il leader del Pdl erano stati chiesti sei anni di carcere e l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
È durata tutto il giorno la discussione di Niccolò Ghedini e Piero Longo. Senza risparmiare attacchi ai magistrati milanesi, i due legali hanno cercato di smontare l'ipotesi accusatoria, sostenendo che la giovane marocchina mai e poi mai ha avuto rapporti sessuali, men che meno a pagamento, con l'ex premier, che ad Arcore le cene erano solo «eleganti» e «normali» e che lei avrebbe mentito sulla sua età facendo credere di essere la nipote di Mubarak.
In più nessuna pressione sui funzionari della Questura per ottenere un «accelerazione» delle pratiche per il rilascio di Karima, ma solo una telefonata «per chiedere un' informazione».
Già prima di entrare nel merito, Ghedini, nel suo lungo intervento ha esordito accusando i giudici davanti ai quali si sta celebrando il dibattimento di essere «prevenuti». E, in linea con l'istanza di rimessione bocciata dalla Cassazione, ha sostenuto di avere «l'impressione di ingenerare fastidio come difensore. Analogo fastidio non sembra ingenerare la Procura della Repubblica» con cui il collegio avrebbe «una vicinanza culturale».
Per l'avvocato la richiesta di pena a sei anni è stata «stratosferica e straordinaria» e la requisitoria si è fondata su «ragioni di spettacolarizzazione più che di merito perchè non c'entravano nulla con il capo di imputazione. Si è basata - ha rimarcato - più su suggestioni che su dati processuali, ed è stata segnata da un pregiudizio nei confronti dell'imputat».
Detto questo il legale è passato ad affrontare la vicenda nel merito sostenendo, tra l'altro, che l'allora capo del Governo «era convinto» che la giovane fosse egiziana e imparentata con l'ex rais in quanto «a meno che non lo si ritenga un pazzo, ha parlato di lei in un pranzo istituzionale», quello appunto offerto a Mubarak il 19 maggio del 2010.
Oltre a polemizzare con Ilda Boccassini anche per il passaggio della requisitoria in cui il pm stigmatizzava la marcia dei parlamentari del Pdl sul Palazzo di Giustizia l'11 marzo scorso, Ghedini ha cercato di mettere in luce la scarsa attendibilità delle ragazze citate come testi dai pm (le cosiddette pentite del bunga-bunga) smentite dai 50 testimoni portati dalla difesa e che hanno reso versioni «concordanti».