Brunetta minaccia «Via Bindi o sarà guerriglia»
Falchi Pdl all'attacco sul decreto legge sulla Pubblica amministrazione, maggioranza in sofferenza e Governo costretto a minacciare la fiducia sul provvedimento. Il tutto mentre Renato Brunetta parla di «guerriglia» evocando il Vietnam parlamentare se il Pd non farà dimettere Rosy Bindi da presidente della Commissione Antimafia
Falchi Pdl all'attacco sul decreto legge sulla Pubblica amministrazione, maggioranza in sofferenza e Governo costretto a minacciare la fiducia sul provvedimento. Il tutto mentre Renato Brunetta parla di «guerriglia» evocando il Vietnam parlamentare se il Pd non farà dimettere Rosy Bindi da presidente della Commissione Antimafia.
Ce n'è abbastanza per preoccupare Enrico Letta, che guarda con attenzione anche alla convocazione - oggi pomeriggio a palazzo Grazioli - dell'ufficio di presidenza del Pdl: il rinvio a giudizio di Silvio Berlusconi per la compravendita di senatori ai tempi del governo Prodi preannuncia l'arrivo di un Cavaliere più di guerra che di governo. E Berlusconi ha convocato un ufficio di presidenza «rigido». I partecipanti saranno quindi solo 24 e, ad eccezione di Angelino Alfano, non saranno presenti gli attuali ministri pidiellini. Una formula, quindi, che mette in minoranza le colombe.
Anche ieri è stato il capogruppo Pdl alla Camera, Renato Brunetta, a dare fuoco alle polveri su più fronti, facendo capire come ormai qualunque provvedimento può essere oggetto di scontro parlamentare. La tensione si è manifestata sin dalla capigruppo alla Camera quando ha gelato il ministro Dario Franceschini assicurando che per il Pdl «il decreto sulla pubblica amministrazione può decadere». Ma poi è stato approvato alla Camera ieri sera. Sempre Brunetta ha poi rinfocolato un altro fronte, quello dell'elezione di Rosy Bindi alla Commissione antimafia. «In Antimafia è successo uno strappo intollerabile, gli strappi hanno dei costi. Chi ha fatto lo strappo rifletta e su questo il Pdl è unito come un sol uomo», ha detto minacciando una «guerriglia» anche su questo tema. E a preoccupare il governo è anche quanto accade in Scelta civica, dove un punto è stato segnato dai «popolari» contro i «montiani»: nell'assemblea dei senatori, la componente guidata da ministro Mario Mauro e dal centrista Pier Ferdinando Casini ha fatto dimettere il capogruppo montiano Gianluca Susta. Allontanando così il divorzio dall'Udc ma facendo rischiare il posto di capogruppo alla Camera al «popolare» Lorenzo Dellai.