Berlusconi è decaduto, non è più senatore
Il sipario sulla ventennale presenza in Parlamento di Silvio Berlusconi è calato ieri pomeriggio, alle 17.43: al termine di una sfibrante giornata di votazioni, l'assemblea del Senato certifica la decadenza del leader di Forza Italia. Bocciati tutti gli ordini del giorno presentati dal centrodestra per impedire l'espulsione del Cavaliere. Che però in aula non c'è. Negli stessi minuti, infatti, è in piazza, a parlare al suo popolo, radunato davanti a Palazzo Grazioli. È «un giorno amaro e di lutto per la democrazia», tuona dal palco. Per poi assicurare ai suoi sostenitori che continuerà a essere il loro leader Il fondo del direttore
Silvio Berlusconi non è più senatore della Repubblica. Sono le 17.43 quando l'assemblea di Palazzo Madama, al termine di una sfibrante giornata di votazioni, certifica la decadenza del leader di Forza Italia. Bocciati a larghissima maggioranza (194 a 114 circa) tutti gli ordini del giorno che erano stati presentati dal centrodestra per impedire l'espulsione del Cavaliere, al presidente Pietro Grasso non resta che pronunciare la formula di rito: «La relazione della giunta per le Immunità che proponeva di non convalidare l'elezione di Berlusconi deve intendersi approvata» .
Tradotto, Berlusconi perde il suo seggio. Ma lui non è in aula: preferisce evitare l'umiliazione di venire accompagnato all'uscita dai commessi e aspetta la notizia a Palazzo Grazioli, dove si sono radunati i suoi sostenitori provenienti da tutta Italia (secondo la questura ventimila) con striscioni, bandiere a qualche cartello: uno, con scritto «colpo di Stato» viene sequestrato, ne appare un altro in cui Berlusconi viene equiparato allo statista Aldo Moro, rapito e ucciso dalle Br.
Ai militanti il Cavaliere mostra la voglia di riscatto. Definisce la giornata che si sta concludendo come «un giorno amaro e di lutto per la democrazia». Ribadisce che la sentenza Mediaset che lo ha condannato per frode fiscale «grida vendetta davanti a Dio e agli uomini» e annuncia che non ha nessuna intenzione di farsi da parte: «Non ci ritireremo in qualche convento». La sua intenzione è quella di continuare a guidare Forza Italia anche senza stare nelle aule parlamentari: non fanno così anche Renzi e Grillo? Poi, per galvanizzare i supporter infreddoliti dal gelo di via del Plebiscito, dice di essere «assolutamente sicuro» che la revisione del processo finirà con «il capovolgimento della sentenza» e la sua completa assoluzione».
Ma intanto al Senato il copione della sua decadenza va avanti senza intoppi, dopo gli scontri registrati in mattinata, prima di tutto tra Forza Italia e Ncd. Attacca Sandro Bondi, che si scaglia contro Roberto Formigoni: «Ti devi presentare ai giudici», gli urla, e quasi vengono alle mani. Ai «cugini» di Ncd gli azzurri addossano la colpa di aver abbandonato il loro leader nel momento del bisogno e poco conta se gli alfaniani voteranno alla fine contro la decadenza. «Non vogliamo i vostri voti - grida Alessandra Mussolini -. Sono appiccicosi. E voi siete poltronisti, siete dei piranha». In aula ci si spende in un profluvio di evocazioni: l'ex premier socialista Bettino Craxi, il martire del fascismo Giacomo Matteotti, il senatore romano complottista Catilina.
In Senato sfilano le senatrici del Cavaliere, vestite di nero. La fidata Maria Rosaria Rossi entra in aula con la fascia del lutto al braccio. Negli interventi i berlusconiani si scaldano. Gridano «Silvio, Silvio», si arrabbiano con i 5 Stelle, se la prendono con i senatori a vita: «Non è mai venuto qui prima di oggi. Si vergogni!», urla Maurizio Gasparri a Renzo Piano. Il presidente Grasso viene bombardato da richieste a raffica di voto segreto, ma niente da fare, non si smuove: «Sono io l'arbitro». Quando iniziano le votazioni, c'è un estremo tentativo di resistenza poi la «resa», proclamata da Bondi: «È inutile, è tutto già deciso».
Uno dopo l'altro vengono respinti gli ordini del giorno presentati da Forza Italia e anche dai transfughi del Nuovo Centro Destra di Alfano contro la proposta della giunta di dichiarare decaduto Berlusconi. Nove sono le votazioni che precedono la comunicazione finale di Grasso: la decadenza è approvata.
I senatori del M5S corrono nei locali del loro gruppo per festeggiare con una bottiglia di champagne. «Ora tocca agli altri!» si entusiasmo il loro leader Beppe Grillo via blog. Ma anche dopo la «sentenza» del Senato, Forza Italia non rinuncia a dare battaglia. Con una nota ufficiale i vertici del partito chiedono di essere ricevuti da Napolitano al Quirinale per esaminare «il delicato momento».
Il Pd respinge l'accusa che sta dietro ogni dichiarazione di Berlusconi e dei suoi: quella di averlo estromesso dal Senato per liberarsi di un avversario politico. E un gelido «no comment» del premier Letta fa capire che Palazzo Chigi non dà peso al voto sulla decadenza.
Ironia della sorte, il senatore molisano che prenderà il posto di Berlusconi, Ulisse Di Giacomo, dovrebbe aderire al Nuovo Centro Destra di Alfano. Per il governo, un voto in più.