Orrore in Calabria: la mafia uccide bimbo di 3 anni
Orrore e sgomento. Ma anche rabbia, per tanta efferatezza e crudeltà. Tre morti ammazzati, tra cui un bambino di appena tre anni. Ci può essere violenza più inaudita? Li cercavano da giovedì, non solo in Calabria, ma erano solo a pochi chilometri di distanza da casa, uccisi e dati barbaramente alle fiamme all'interno di un'auto sotto la croce di un campanile di una cappella di campagna. Non c'è la certezza assoluta, che potrà essere data solo dall'esame del dna, ma si nutrono pochi dubbi sull'identità dei cadaveri ridotti a scheletri
Orrore e sgomento. Ma anche rabbia, per tanta efferatezza e crudeltà. Tre morti ammazzati, tra cui un bambino di appena tre anni. Ci può essere violenza più inaudita? Li cercavano da giovedì, non solo in Calabria, ma erano solo a pochi chilometri di distanza da casa, uccisi e dati barbaramente alle fiamme all'interno di un'auto sotto la croce di un campanile di una cappella di campagna. Non c'è la certezza assoluta, che potrà essere data solo dall'esame del dna, ma si nutrono pochi dubbi sull'identità dei cadaveri ridotti a scheletri, trovati in una zona impervia di Cassano allo Jonio.
Giuseppe Iannicelli, pregiudicato e sorvegliato speciale di 52 anni, la compagna marocchina Ibtissam Touss, di 27, e il nipotino dell'uomo, di soli 3 anni, scomparsi giovedì scorso da Cassano allo Jonio senza lasciare tracce, sarebbero stati giustiziati senza un minimo di pietà in contrada Fiengo, dietro una masseria diroccata in una zona impervia e difficile da raggiungere.
Erano stati il fratello e uno dei figli di Iannicelli a lanciare l'allarme dopo che l'uomo, con alle spalle anche una condanna ad otto anni finita di scontare da poco più di un anno per reati di droga, non aveva fatto rientro a casa con la compagna e il piccolino. Il bambino, difatti, era stato affidato al nonno (e ora ci si domanda come fosse possibile, visti i precedenti dell'uomo) dopo che la figlia e il marito erano finiti in carcere, sempre per reati di droga. Da quando aveva riacquistato la libertà, però, Iannicelli aveva rispettato le regole. Per questo il mancato rientro a casa per le 20 aveva messo giustamente in allarme i parenti. Una condizione particolare, quella della famiglia Iannicelli, con l'attività illecita dello spaccio di sostanze stupefacenti quasi come comune denominatore criminale. Anche la moglie del cinquantaduenne, infatti, è in carcere per droga mentre, per le stesse ragioni, un'altra delle figlie è agli arresti domiciliari. E proprio per questo, tra le ipotesi in ballo per un delitto così efferato, si fa strada quella di una vendetta legata alla criminalità organizzata che gestisce il traffico di stupefacenti nella zona. Il triplice omicidio sarebbe avvenuto nel corso di un incontro per discutere la spartizione dei proventi dello spaccio. Iannicelli, per tutelarsi, avrebbe portato con sé la donna e il nipote. Diventati solo testimoni scomodi, di cui sbrazzarsi.