Spagna, corpi "registrati" contro la legge sull'aborto
MADRID - «Cosa vuole registrare?» «Il mio corpo». «Aspetti un momento, devo chiedere, non so se questo è possibile». L’inedita scena si è vissuta ieri negli uffici dei Registri di proprietà di numerose città spagnole, dove oltre 200 donne si sono recate a registrare i propri corpi, per rivendicare il diritto a decidere, contro il restrittivo e controverso progetto di riforma dell’aborto proposto dal ministro di giustizia Alberto Ruiz-Gallardon.
MADRID - «Cosa vuole registrare?» «Il mio corpo». «Aspetti un momento, devo chiedere, non so se questo è possibile». L’inedita scena si è vissuta ieri negli uffici dei Registri di proprietà di numerose città spagnole, dove oltre 200 donne si sono recate a registrare i propri corpi, per rivendicare il diritto a decidere, contro il restrittivo e controverso progetto di riforma dell’aborto proposto dal ministro di giustizia Alberto Ruiz-Gallardon.
L’iniziativa, lanciata nei social network dall’artista e attivista sociale Yolanda Dominguez, ha avuto un’ampia ripercussione, trasformandosi in una protesta di massa da Madrid a Siviglia, da Barcellona a Saragozza, a Bilbao, da nord a sul della Penisola.
A Madrid, una quarantina di donne di tutte le età sono arrivate di prima mattina allo sportello del Registro Mercantile di Beni Mobili, al numero 44 del centrale Paseo della Castellana, tutte agitando il modulo, già compilato con la descrizione dell’unico bene da registrare, il proprio corpo, per garantirne la titolarità.
Una maniera originale e di grande impatto sociale e mediatico, per protestare contro il progetto di riforma presentato dal governo conservatore del Partido Popular, che abroga il diritto delle donne ad abortire nelle prime 14 settimane di gestazione, previsto dalla legge approvata nel 2010 dall’esecutivo socialista di Zapatero. E consente l’interruzione di gravidanza solo nel caso di violenza sessuale, di grave rischio per la salute psicofisica della madre (certificato da almeno 2 medici) e in caso di malformazione del feto incompatibile con la vita.
Una normativa bollata come una «controriforma» dai partiti dell’opposizione, che vede contrari 8 spagnoli su 10, secondo i sondaggi, e che ha suscitato proteste in tutta Europa.
«Vogliamo certificare ufficialmente che il nostro corpo ci appartiene. Siamo stufe che ci dicano cosa dobbiamo farne. Abbiamo voluto esprimere la nostra indignazione in maniera creativa, con un’azione collettiva, per dire che non siamo merce», ha spiegato Yolanda Dominguez ai media.
Per l’attivista, il disegno di legge governativo non protegge i diritti della donna: «Il nostro corpo è di tutti meno che nostro, non lo possiamo consentire. È un territorio che dobbiamo riconquistare», ha protestato la Dominguez.
L’iniziativa è stata accolta con reazioni diverse dai funzionari dei registri pubblici. Nel caso della Dominguez, al Registro della Proprietà di Madrid, la richiesta sarà probabilmente accolta e il caso potrebbe costituire un precedente legale. Ma per altre petizioni, le attiviste assicurano che «sono richiesti requisiti assurdi» per l’iscrizione.
A Bilbao, le petizioni sono state accolte con tanto di bollo e numero di registrazione, ma solo per poi rispedirle alle mittenti, con la spiegazione che non erano «ricevibili», come spiegano le donne del collettivo «Mujeres imperfectas» (Donne imperfette), che ha coordinato l’azione nella città basca.
Ogni donna ha dato una descrizione personale del «bene mobile» da registrare: «Il mio corpo è grande e meraviglioso. Funziona alla perfezione, mi piace il suo odore. Ha due gambe, due braccia, un utero, due ovaie...», ha scritto una delle donne, citata da El Pais. E poi ha concluso: «Soprattutto, è solo mio!». (ANSA)