Repubblica Centrafricana, rischio genocidio
ROMA - «Pulizia etnica», «genocidio», «disastro umanitario»: la Repubblica Centrafricana non trova pace, nonostante l’elezione della presidente Catherine Samba Panza avesse fatto sperare nella fine della guerra civile che, da interetnica, ha ormai assunto connotazioni interreligiose.
ROMA - «Pulizia etnica», «genocidio», «disastro umanitario»: la Repubblica Centrafricana non trova pace, nonostante l’elezione della presidente Catherine Samba Panza avesse fatto sperare nella fine della guerra civile che, da interetnica, ha ormai assunto connotazioni interreligiose.
In questi ultimi giorni a farne le spese sono i musulmani nell’ovest del Paese, una minoranza che fino a un paio d’anni fa conviveva senza gravi problemi con la maggioranza cristiana.
Ma la rivolta degli integralisti islamici della Seleka, le atrocità commesse dagli uomini dell’organizzazione e la loro presa del potere l’anno scorso (con la conseguente fuga dell’allora presidente Francois Bozizè) hanno gradualmente fatto precipitare la situazione.
Per mesi i cristiani sono stati oggetto di attacchi sanguinosi, con villaggi dati alle fiamme, bestiame e civili sgozzati nel sonno, stupri e saccheggi. In gennaio il capo della Seleka, Michel Djotodia, era stato costretto a rifugiarsi all’estero dall’intervento delle forze internazionali (soprattutto francesi, ma anche africane), ma da allora sono stati i musulmani ad essere oggetto di persecuzioni e violenze.
I villaggi cristiani, che avevano cominciato a organizzare milizie di autodifesa (denominate anti-balaka, cioè anti-machete, l’arma «preferita» dai musulmani), hanno avuto campo libero: vendette, stragi, violenze sono continuate, scatenandosi contro la minoranza musulmana. E l’ovest è diventato terra di nessuno.
Oggi, oltre al ministro della Difesa francese Jean-Yves Le Drian arrivato nella capitale Bangui a portare sostegno alla presidente e ai suoi soldati, sono scesi in campo con decisione organizzazioni umanitarie come Amnesty International e il Programma alimentare mondiale (Pam) delle Nazioni Unite. E le denunce sono diventate macigni.
«Contro i civili musulmani nell’ovest della Repubblica Centrafricana è in atto una pulizia etnica» che i soldati delle forze internazionali d’interposizione non riescono a contrastare, ha denunciato Amnesty, in una infernale spirale di violenza a parti invertite. Gli anti-balaka cristiani sono diventati i carnefici dei musulmani rimasti senza difesa.
Amnesty fornisce alcune cifre «globali»: centinaia di civili uccisi, più di 4 milioni e mezzo di sfollati interni, 250mila costretti a rifugiarsi nei Paesi confinanti, in particolare in Camerun.
In un contesto di questo genere, donne, vecchi, bambini sono vittime indifese, facili da colpire o da far morire per mancanza di medicine, di cibo, di acqua. Il ponte aereo avviato oggi dal Pam tra Camerun e Bangui porterà viveri a 150mila ma solo per un mese, una goccia in un mare di disperazione: nel campo profughi intorno all’aeroporto internazionale della capitale sono ammassate più di 100mila persone. E non si coltiva più nulla, i villaggi sono deserti, nei negozietti non c’è nulla da vendere.
Se non riusciamo a fermare il precipizio umanitario, diceva ieri il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, c’è il rischio reale di una divisione in due del Paese. I francesi definiscono l’ipotesi inaccettabile, la presidente della Repubblica Centrafricana pure. E promette «guerra» agli anti-balaka.
Ma oltre ai commando assassini, alle porte c’è un’altra paura: tra marzo e aprile la stagione delle piogge potrebbe decimare chi finora è sopravvissuto. (ANSA)