Legge elettorale, ma solo alla Camera

Il Pd di Matteo Renzi spiazza tutti sulla legge elettorale e stringe un nuovo accordo con Berlusconi su una soluzione che premia Ncd e Angelino Alfano: la nuova legge si applicherà solo alla Camera, mentre al Senato varrà il sistema proporzionale uscito dalla sentenza della Corte costituzionale dell'11 gennaio, con l'obiettivo, auspicato dal presidente del Consiglio, di varare nel giro di 12-18 mesi proprio la riforma che abroga l'attuale configurazione di palazzo Madama

renziIl Pd di Matteo Renzi spiazza tutti sulla legge elettorale e stringe un nuovo accordo con Berlusconi su una soluzione che premia Ncd e Angelino Alfano: la nuova legge si applicherà solo alla Camera, mentre al Senato varrà il sistema proporzionale uscito dalla sentenza della Corte costituzionale dell'11 gennaio, con l'obiettivo, auspicato dal presidente del Consiglio, di varare nel giro di 12-18 mesi proprio la riforma che abroga l'attuale configurazione di palazzo Madama.
Il nuovo accordo di ieri cambia in profondità lo schema di governo di Renzi, il quale puntava ad una legge elettorale immediatamente applicabile in entrambe le Camere. Ma lo schema rischiava di deteriorare i rapporti con Ncd e gli altri partner di governo che spingevano per una riforma che garantisse a tutti la durata della legislatura.
In mattinata la quadra è stata trovata su un emendamento inizialmente presentato da due esponenti della minoranza interna del Pd, Lauricella e D'Attorre, e riproposto da tutti i partiti minori. L'emendamento sopprime l'intero articolo 2 della riforma, quello che regolava l'elezione del Senato.
L'Italicum quindi si applicherà solo alla Camera mentre al Senato si voterebbe, salvo abolizione della attuale Camera Alta, con il cosiddetto «Consultellum», cioè il proporzionale puro figlio della sentenza della Consulta. Un sistema che, visto l'esistente tripolarismo, condannerebbe alle larghe intese (si commenta in Parlamento) mentre alla Camera ci sarebbe un vincitore.
L'accordo è stato sancito da un comunicato di Silvio Berlusconi, al termine di una riunione di Forza Italia: oltre alla «disponibilità» sull'emendamento, è stato espresso  «grave disappunto per la difficoltà del Presidente del Consiglio di garantire il sostegno della sua maggioranza agli accordi pubblicamente realizzati». A sua volta Renzi ha parlato di «passo importante» sminuendo il fatto che non si legifera per il Senato, visto che si mira ad abrogarlo. Il premier ha pure glissato sull'attacco di Fi («non capisco le polemiche»), sottolineando che comunque in settimana la riforma si farà: «Venerdì potremmo avere una nuova legge».
I più soddisfatti sono gli esponenti di Ncd che da Angelino Alfano a Renato Schifani, esultano. «Dobbiamo superare il Senato - ha scritto Alfano -, quindi legge elettorale solo per la Camera. Noi non siamo delusi da Renzi. Patti chiari, riforme certe». Un modo per rassicurare il premier che Ncd non cincischierà.
A questo punto il presidente del Consiglio punta tutto sulla riforma costituzionale che abroga il Senato, consegnando però le chiavi della macchina ai senatori che potrebbero far slittare il più possibile la riforma che trasforma Palazzo Madama in una Camera delle Regioni. La parola passa ora all'Aula della Camera che da stamattina inizierà a votare.

 

Gli esperti divisi: «Una follia. Ma si può»
 

L'operazione sull'Italicum, con l'intesa per applicarlo solo alla Camera «è incostituzionale. Non perchè non si possano avere sistemi diversi di voto per Camera e Senato, ma perchè in questo caso avremmo due modelli del tutto incongruenti tra loro, col risultato di mettere una Camera contro l'altra. Questo è irragionevole. E quindi, incostituzionale. L'unica via costituzionalmente corretta per uscirne, secondo me, è scrivere la legge elettorale e poi se il Senato verrà abolito, cadrà anche la parte di legge che lo riguardava.» È l'opinione del costituzionalista Michele Ainis, interpellato dall'Ansa. «In questa vicenda - osserva il giurista - c'è un problema politico che stanno trasformando in un danno giuridico. E, per dirla tutta, sembra di stare in una gabbia di matti. La filosofia che stanno seguendo è quella del "fare come se". Fare come se il Senato non esistesse. Ma il Senato esiste, così come esiste un sistema bicamerale, con due Camere che danno la fiducia ai governi e timbrano le leggi».
Di diverso avviso Pier Alberto Capotosti, presidente emerito della Consulta: «Una violazione del principio di ragionevolezza previsto dall'art. 3 della Costituzione? Non direi. Semmai l'irragionevolezza è tutta politica. Si può parlare di irragionevolezza in senso lato, più che in senso giuridico. Ma di per sè non sarebbe incostituzionale avere due sistemi elettorali diversi per Camera e Senato: è stato così per decenni. Si è prodotta però una situazione anomala: prima della sentenza della Consulta, c'era l'uscita di sicurezza del Porcellum, un sistema con dei vizi che però è stato usato. Ora col sistema dato dalla somma Italicum più Consultellum, la situazione è nettamente peggiorata sul piano politico-istituzionale. E sarà difficile imboccare l'uscita di sicurezza dello scioglimento anticipato delle Camere in caso di crisi tra Governo e Parlamento».
«Da un punto di vista teorico - osserva il giurista - non c'è un vulnus, nulla impone che ci sia un unico sistema elettorale per entrambi i rami del Parlamento».

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