Avanti con le riforme anche a costo «ghigliottina»
Le riforme costituzionali proposte dal governo trovano un «ombrello» che le ripara dalle accuse di autoritarismo piovute da Sel e M5s. È quello del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: uno scudo che sprona il governo ad andare avanti in Senato. Da lunedì con sedute no-stop dalla mattina alla notte. Qui però l'ostruzionismo, ma anche la chiusura del ministro Maria Elena Boschi ad ipotesi di mediazione, ha portato a una sorta di dialogo tra sordi destinato ad allungare i tempi. Cosa che non scoraggia il premier Matteo Renzi, il quale afferma stentoreo: «bisogna fare le riforme e le faremo»
Le riforme costituzionali proposte dal governo trovano un «ombrello» che le ripara dalle accuse di autoritarismo piovute da Sel e M5s. È quello del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: uno scudo che sprona il governo ad andare avanti in Senato. Da lunedì con sedute no-stop dalla mattina alla notte. Qui però l'ostruzionismo, ma anche la chiusura del ministro Maria Elena Boschi ad ipotesi di mediazione, ha portato a una sorta di dialogo tra sordi destinato ad allungare i tempi. Cosa che non scoraggia il premier Matteo Renzi, il quale afferma stentoreo: «bisogna fare le riforme e le faremo». Ma sul tavolo, si racconta, ci sarebbe anche la pistola delle elezioni anticipate posta dai renziani.
«La riforma dell'assetto parlamentare - ha detto ieri Napolitano - non è meno importante delle riforme del mercato del lavoro e della spesa pubblica». la «discussione è stata libera, articolata, non c'è stata improvvisazione o improvvida frettolosità». Ora è il momento di superare una estremizzazione «ingiusta e rischiosa». «Non si agitano spettri di insidie e macchinazioni autoritarie e non si miri a un nuovo nulla di fatto». Perché, se rimane questa «diffidenza» «naufragherebbe ancora una volta il tentativo, peraltro già così tardivo, di riforma». Parole criticate solo da M5s in Aula e sul blog di Grillo, che ha paragonato il trio «Napolitano-Renzie-Berlusconi» a Mussolini.
Insomma molti dei cavalli di battaglia degli oppositori non trovano una copertura dal Quirinale. Ma nell'aula del Senato l'ostruzionismo è proseguito senza alcuno sconto. I senatori di Sel, M5s ed ex M5s continuano nella illustrazione dei 2.100 emendamenti al solo primo articolo e dei primi voti nemmeno c'è l'ombra. Un appello al governo a prendere una «iniziativa politica» è stato fatto dai capigruppo di Fi, Paolo Romani, e di Ncd, Maurizio Sacconi: quest'ultimo ha addirittura rilanciato l'idea che i senatori vengano eletti non dai Consigli regionali ma dai cittadini contestualmente alle elezioni regionali.
Anche il correlatore Roberto Calderoli ha chiesto del tempo per i relatori per avanzare delle «proposte» che facciano superare l'impasse. Dal ministro Boschi c'è stato un «niet» deciso alla Conferenza dei capigruppo. Il capogruppo del Pd, Luigi Zanda, e gli altri presidenti di gruppo della maggioranza, hanno chiesto e ottenuto che dalla prossima settimana si allunghi l'orario delle sedute: dalle 9 alle 24, compresi sabato e domenica. Ma certo questo risolve poco. È stato calcolato che con questi ritmi non si finirebbe nemmeno entro il 2014.
In campo ci sono due opzioni: la prima è trovare dei punti di mediazione, ma è difficile perché Sel, M5s ed ex M5s chiedono l'unica cosa su cui il governo non vuole cedere, e cioè un Senato che rappresenti le Regioni. La seconda strada è quella dello scontro totale, il che implicherebbe che la prossima settimana, dopo 14 giorni di sedute si giunga al contingentamento dei tempi. Se si prosegue così, infatti, non si condurranno in porto le riforme prima della pausa estiva. In questo quadro, qualche preoccupazione in più in casa Pd viene dalle nuove tensioni dentro Forza Italia dopo il sì della Camera all'arresto di Gian Carlo Galan. Tensioni che potrebbero tradursi - si teme - in un nuovo stop and go di tutto il partito azzurro sul tema delle riforme.
«Chi vuole bloccare, fermare, ostruire questo cammino - ha detto Renzi - pensa che si possa continuare così com'è. Per cambiare l'Italia bisogna fare le riforme e le faremo. Il governo è impegnato a testa alta e viso aperto per raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati». Parole che non aprono scenari di mediazione. Come non li apre l'invito di Roberto Giachetti a Renzi: «questo Parlamento non è in condizione di fare le riforme. E allora torno a dirti: andiamo a votare».