Via l'indennità ai senatori Arriva il primo via libera
Via libera del Senato all'articolo 9 del ddl sulle riforme, relativo alla previsione dell'indennità parlamentare per la sola Camera dei deputati. L'indennità dei futuri senatori viene così esclusa. Il sì dell'Aula giunge con 193 voti favorevoli, 9 contrari e 8 astenuti. Ma resta l'immunità I tuoi commenti
ROMA - Corre verso l'approvazione entro l'8 di agosto - ma si parla anche di giovedì - la «riforma delle riforme» targata Matteo Renzi. Ieri per il ddl che disegna il futuro Senato è stata una giornata da marcare con segno positivo: ben 7 gli articoli approvati in poco meno di 5 ore e il nodo dell'immunità sciolto con un dibattito che, tra le fila del Governo, si temeva ricco di insidie.
Il ddl si avvia dunque verso lo sprint finale, e il premier Matteo Renzi non nasconde la sua soddisfazione, in particolare per l'abolizione di quell'indennità dei futuri senatori che per, il «rottamatore» era uno dei simboli della «vecchia politica».
L'abrogazione dell'indennità, la previsione di un mandato settennale e non rinnovabile per i senatori di nomina presidenziale e il mantenimento dell'immunità sono i tre paletti messi ieri in Aula a Palazzo Madama. Tre punti salutati da Renzi con un esplicito «si cambia davvero» twittato dal responsabile della Comunicazione Pd, Francesco Nicodemo, e fatto «suo» dallo stesso premier.
Del resto, complice l'«Aventino» di Lega Nord e Movimento 5 stelle, il percorso del ddl ieri è stato segnato da un dibattito mai sfociato in proteste veementi o... scenografiche.
Il primo articolo ad essere approvato è stato il terzo, che prevede la possibilità per il Presidente della Repubblica di nominare dei senatori «per altissimi meriti in campo sociale, scientifico, artistico o letterario» ma che preclude la carica a vita attualmente vigente. Fortemente simbolica l'approvazione dell'articolo 9, che abroga l'indennità dei futuri senatori mentre l'art. 8, che conferma l'assenza di vincolo di mandato, ha ottenuto luce verde.
Ma è sull'immunità che il Governo Renzi ha ottenuto il «successo» più inaspettato. Vista l'assenza del correlatore - assieme ad Anna Finocchiaro - Roberto Calderoli, colpito da un grave lutto familiare, la scomparsa della madre, l'Aula aveva infatti deciso di fermare le votazioni degli emendamenti all'articolo 9, rinviando così i punti caldi a domani. Su sollecitazione di diversi parlamentari, tra cui il «dissidente» del Pd Vannino Chiti, il vicepresidente Maurizio Gasparri, che dirigeva i lavori, ha poi dato il via libera al dibattito sugli emendamenti aggiuntivi all'articolo 8, che prevedevano l'abrogazione dell'immunità, non prevista nel testo iniziale ma ripristinata dalla Commissione Affari Costituzionali.
E, dopo che Finocchiaro ha ribadito che la soluzione trovata in commissione è «la più ragionevole», rimettendosi tuttavia all'Aula, con l'assenso del governo, si è giunti alla bocciatura di tutti gli emendamenti. Un sospiro di sollievo per l'Esecutivo su un punto spinoso che ha provocato malumori anche tra i Democratici, e non solo tra i dissidenti. Il rischio, è la perplessità che serpeggiava tra alcuni senatori Pd, è che con l'immunità si mandi al Senato non il consigliere regionale più bravo, ma quello a rischio di essere coinvolto in un'inchiesta.
Grazie anche al sì di FI e Ncd, l'immunità, però, non è stata intaccata. Domani toccherà all'articolo 10, delicato perché verte sulle funzioni del Senato, passare sotto le forche caudine dell'Aula. M5s, definendo la riforma «una porcata», continuerà il suo Aventino mentre la Lega, dopo l'ennesima «fumata nera» ieri in un incontro con il ministro Maria Elena Boschi, deciderà oggi. Ma il malumore del Carroccio è alto, anche perchè - riferiscono fonti parlamentari - ieri il gruppo aveva chiesto di rinviare la discussione per la prossimità ai funerali della madre di Calderoli. Richiesta, sottolineano le stesse fonti, che non è andata a buon fine provocando l'ira dei leghisti.