Lavoro, Renzi sfida i sindacati: «Io guido da solo»
«Ora tocca a me guidare e nessuno pretenda di mettere blocchi perché da venti anni siamo nella palude". Matteo Renzi accelera sul Jobs act, sfida minoranza Pd e sindacati, e si prepara a chiedere la fiducia. Il Consiglio dei ministri autorizza l'uso dello strumento per accelerare e blindare con un maxiemendamento (sostitutivo del testo di legge) la riforma al Senato, cioè le norme guida cui poi dovrano seguire singoli provvedimenti specifici. Oggi i fugaci incontri con le parti sociali, per i sindacati (molto critica la Cgil) un'udienza di un'ora dalle 8 alle 9 del mattino, poi entreranno gli industriali che peraltro sostengono la linea del governo
«Ora tocca a me guidare e nessuno pretenda di mettere blocchi perché da venti anni siamo nella palude". Matteo Renzi accelera sul Jobs act, sfida minoranza Pd e sindacati, e si prepara a chiedere la fiducia. Il Consiglio dei ministri autorizza l'uso dello strumento per accelerare e blindare con un maxiemendamento (sostitutivo del testo di legge) la riforma al Senato, cioè le norme guida cui poi dovrano seguire singoli provvedimenti specifici. Oggi i fugaci incontri con le parti sociali, per i sindacati (molto critica la Cgil) un'udienza di un'ora dalle 8 alle 9 del mattino, poi entreranno gli industriali che peraltro sostengono la linea del governo.
La minoranza Pd confida fino all'ultimo in un ripensamento, nella speranza di avere spazio per discutere in aula i propri emendamenti. Ma se il deputato Stefano Fassina avverte che la fiducia avrebbe delle "conseguenze politiche" (e invoca l'intervento del Colle) i bersaniani anticipano che voteranno la fiducia per non far cadere il governo. La partita ad ogni modo è ancora aperta, anche perché Ncd non sembra disposta ad accettare modifiche al testo attuale della delega. Quella di domani si annuncia come una giornata cruciale, anche perché di buon mattino, per la prima volta da quando Renzi è a Palazzo Chigi, nella sala Verde faranno ingresso sindacati e imprenditori.
È la settimana del lavoro, per il governo Renzi. Il premier la apre riunendo a Palazzo Chigi i vertici delle aziende farmaceutiche, per ribadire che nil suo obiettivo è non solo aggiornare le leggi esistenti, a partire dall'articolo 18 da depotenziare ulteriormente, ma puntare anche su investimenti che portino alla creazione di posti di lavoro.
Ma la fretta per ottenere il via libera del Senato per il Jobs act, con un voto, se possibile, già mercoledì sera, 8 ottobre, è legata in realtà all'appuntamento che lo stesso giorno si terrà a Milano, dove in qualità di presidente di turno dell'Ue, Renzi ospiterà i leader europei per una conferenza proprio sul lavoro.
L'idea o la speranza è che possa servire alla credibilità dell'Italia e forse anche alle concessioni sulle politiche finanziarie, l'esibizione in quella sede dell'approvazioen in un ramo del Parlamento della legge delega che stabilisce il percorso, il perimetro entro il quale dovranno successivamente muoversi le singole riforme concrete.
Alla vigilia dell'appuntamento, in un'intervista a Quinta Colonna, Renzi ribadisce che sul tema delle riforme, a partire da quella del lavoro non intende "mollare di un millimetro". Lo dice alla minoranza del Pd: "Magari non si fidano di me ma capisco che non è facile passare la mano a una nuova generazione". E lo ribadisce ai sindacati: "Anche loro devono dare una mano".
In mattinata li riceverà nella sala Verde di Palazzo Chigi, ma mette subito in chiaro di non voler ripetere certe scene del passato: "Perché vedo i sindacati alle 8? Almeno si fa alla svelta... Mi dà un po' noia - dice in tv - questa immagine del tavolone della sala Verde: sono 30 anni che chiacchierano, chiacchierano e non concludono. Si può anche non essere d'accordo ma si deve concludere". Si annuncia non facile il confronto.
Anche perché alla vigilia il segretario Cgil Susanna Camusso usa toni battaglieri e non solo ribadisce il paragone tra Renzi e Margareth Tatcher, ma avverte anche che la Cgil è pronta al conflitto contro scelte non condivise. E lamenta, infine, i tempi brevi concessi dal premier: "Un'ora sola ti vorrei..." scherza. Sul fronte parlamentare, l'ipotesi più forte sul tavolo, al termine di una nuova giornata di incontri e contatti tra il ministero del lavoro, Palazzo Chigi e il Senato, è quella di presentare un maxiemendamento alla delega sul lavoro che recepisca alcune delle modifiche contenute nel documento approvato una settimana fa dalla direzione Pd.
Il testo non dovrebbe contenere però una indicazione dettagliata sull'articolo 18 e la questione del reintegro per i licenziamenti discriminatori e disciplinari. L'ipotesi è che sul punto specifico si pronunci il ministro Giuliano Poletti con una dichiarazione in Aula, rinviando poi ai decreti delegati per una disciplina puntuale. Il combinato disposto dell'emendamento e della dichiarazione consentirebbe, viene spiegato, di tenere insieme la maggioranza, in balia di un braccio di ferro tra i centristi guidati da Ncd, che puntano al superamento dell'art. 18 e chiedono che non si modifichi la delega del governo, e la minoranza del Pd, fortemente contraria.
"L'art 18 è un totem ideologico, riguarda solo 2500 persone" ma "rischia anche di esser fonte di incertezza", ribadisce Renzi. Ma già un battagliero Stefano Fassina richiama l'attenzione del presidente della Repubblica sulle "conseguenze politiche molto gravi dell'azione del governo".
E dalla sinistra Pd Pippo Civati, parla di un appiattimento alle politiche della destra sui temi del lavoro e critica fortemente l'ipotesi del voto di fiducia: «Mi chiedo se, al di là del merito (e delle numerose cose che non vanno, nel merito), ci si renda conto che ci stiamo spingendo molto in là, non solo rispetto agli impegni presi al momento delle elezioni, ma anche in occasione del Congresso del Pd e delle promesse fatte, poi puntualmente mancate, fino a qualche settimana fa». Poi, a proposito dei richiami alla lealtà al partito, nel voto al Senato, lo stesso deputato milanese ironizza, nel suo blog, elencando una lunga serie di recenti episodi che hanno visto come protagonista Matteo Renzi: Vedo molte note della segreteria del Pd in cui siamo tutti richiamati alla lealtà. Che a me piace, come concetto, ma proprio tanto tanto. E mi sembra utile prenderlo in massima considerazione: per esempio, sarebbe bello essere leali con le persone (#staisereno)», esordisce Civati per poi menzionare le questioni alleanze parlamentari, impegni sull'articolo 18 e sulla riduzione del ricorso ai decreti governativi eccetera.
Per parte loro i bersaniani fanno sapere che "per senso di responsabilità" non faranno mancare la fiducia al governo. La battaglia, annunciano però, proseguirà alla Camera.
L'ex viceministro dell'economia del governo Letta, Stefano Fassina, ammonisce tuttavia che la legge delega non sarà votabile se non conterrà impegni precisi su alcuni nodi caldi, come appunto l'articolo 18 e la questione della sua permanenza anche per i casi dei licenziamenti disciplinari, come chiesto dalla minoranza Pd, una correzione a quanto pare accolta dal governo ma che andrà verificata nel dettaglio per comprenderne i margini applicativi concreti.