Bruciati vivi, Messico nel caos

Il caso dei 43 «desaparecidos» di Iguala continua a sconvolgere il Messico. Per la procura federale con ogni probabilità sono stati uccisi da sicari narco, ma i familiari degli studenti spariti non credono alla versione ufficiale. E l'impatto politico della vicenda - definita «un crimine di Stato» da Amnesty International - rischia ora di compromettere non solo il governo di Enrique Pena Nieto ma anche l'intera classe politica. In base alla confessione di tre sicari dei Guerrero Unidos - un gruppo di narcotrafficanti attivo nello stato di Guerrero (sud del paese) - si è stabilito che i 43 studenti sono stati uccisi in una discarica della vicina località di Cocula, e i loro corpi sono stati bruciati, alcuni mentre erano ancora vivi, per eliminare ogni traccia della strage.


Formalmente gli studenti saranno considerati «desaparecidos» finchè non si potranno identificare i loro resti. Non sarà un lavoro facile, visto che gli assassini hanno spezzettato le ossa delle vittime, prima di versarle in buste della spazzatura e buttarle in un fiume. Ad ogni modo i genitori degli studenti hanno annunciato che non accettano questa versione dei fatti. I parenti delle vittime della strage  (nella foto)  rimproverano in particolare a Pena Nieto di non aver mantenuto la sua promessa di fare chiarezza. Il presidente viene criticato per non aver accettato che l'inchiesta giudiziaria sia seguita dalla Corte Interamericana dei Diritti Umani e viene accusato di voler chiudere la faccenda in fretta e furia prima di partire domani per una tournèe diplomatica in Cina e Australia, dove parteciperà al vertice G20 di Brisbane.


Le critiche sono state rilanciate da Amnesty International, secondo cui la strage di Iguala «dimostra gli errori del governo nell'affrontare la crisi dei diritti umani nel paese». E poi, la giustizia «non ha voluto riconoscere che si tratta di un crimine di Stato, e non di un fatto isolato», rifiutandosi si ammettere «la collusione fra Stato e criminalità organizzata alla base di queste gravi violazioni». In quanto a Pena Nieto, Amnesty sottolinea che partire all'estero in queste circostanze «dimostra la sua mancanza di interesse nell'affrontare la grave situazione dei diritti umani nel paese».


Non è solo il presidente e il suo Partito Rivoluzionario Istituzionale (Pri) a trovarsi al centro della polemica. Anche il Partito della Rivoluzione Democratica (Prd), principale forza dell'opposizione di sinistra è stato scosso dalla tragedia di Iguala. Il sindaco della cittadina, Josè Luis Abarca - arrestato pochi giorni fa, come mandante della strage - appartiene a al Prd, così come il governatore di Guerrero, Angel Aguirre, che si è visto obbligato a presentare la dimissioni.

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