Roma, si temono ritorsioni sul sindaco Marino
Cominciano a parlare alcuni degli arrestati sull'inchiesta giudiziaria che ricostruisce presunti intrecci di tipo mafioso fra criminalità e amministrazioni pubbliche nella capitale (coinvolti anche poltici di entrambi i partiti maggiori in Comune, Pd e Forza Italia). Nel frattempo, ieri, è stato arrestato anche il latitante Giovanni De Carlo, fermato dal Ros all'aeroporto di Fiumicino, proveniente da Doha. Sulla scia dell'inchiesta Mafia Capitale (un centinaio di indagati, 38 arresti, ancora nn sono noti tutti i nomi) il prefetto ha fatto sapere che si valuta di assegnare la scorta a Ignazio Marino: «In un momento così complesso dobbiamo garantire la sicurezza del sindaco che va protetto. Il sindaco dovrebbe rinunciare a girare con la sua bicicletta, valutiamo la scorta», ha detto Giuseppe Pecoraro uscendo dal Campidoglio dopo un incontro con il primo cittadino. Sull'ipotesi di scioglimento per mafia del Comune di Roma, formalmente richiesta dal movimento Cinque stelle, il prefetto aggiunge: «Continueremo a leggere le carte e faremo presto le nostre valutazioni. Al termine di questa lettura lunga riferiremo al ministro. Adesso è prematuro parlarne». Il segretario del Pd e premier Matteo Renzi ha commissariato il partito romano attribuendo i poteri al presidente Matteo Orfini: ora è probabile che proprio il sindaco Marino, che non godeva di particolare credito al Nazareno, diventi l'unica carta su cui puntare politicamente per uscire da una situazione molto complicata evitando lo scioglimento del consiglio comunale e nuove elezioni dense di incognite.
«Con tantissime persone per bene bisogna andare avanti e liberare la città», ha detto Marino ieri a «Otto e mezzo» su La7. «Ieri - ha aggiunto - ho avuto una grande gioia. Mia figlia che è sempre stata contraria alla mia candidatura a sindaco, mi ha detto di andare avanti perché questa città merita un cambiamento. Sono un chirurgo - ha risposto a una domanda su sue eventuali dimissioni - formato a tenere i nervi saldi quando il paziente perde mezzo litro di sangue al minuto. Ho una formazione abbastanza solida per andare avanti e mi sento molto più determinato adesso. redo che questa città abbia bisogno di una guida salda che noi possiamo garantire Mi sono accorto di molto, tant'è che le visite personali a Pignatone sono state più di cinque o sei e le denunce tantissime».
Raffaele Cantone, capo dell'autorità anticorruzione, ha incontrato Marino e ha annunciato che costituirà al proprio interno un pool di esperti per analizzare possibili appalti sospetti legati all'inchiesta.
Intanto il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti ha disposto «un'indagine conoscitiva presso tutte le principali centrali appaltanti, quali: Asl, Ater, Centrale Unica e Dipartimenti per conoscere se società legate all'inchiesta abbiano partecipato a gare e a bandi pubblici ed il loro esito» e in attesa delle verifiche ho disposto la sospensione dell'assegnazione delle gare in corso.
Luca Gramazio, capogruppo regionale Fi, lascia l'incarico: «Ho comunicato ai colleghi la decisione di dimettermi da capogruppo per dedicarmi con tutto il mio impegno alla difesa della mia onorabilità e della mia storia politica, caratterizzata da coerenza, impegno sociale e lealtà: principi che mi sono stati insegnati e ai quali mi sono sempre ispirato. Mantenendo la mia posizione potrei alimentare facili e strumentali polemiche che, fatalmente, coinvolgerebbero anche il mio partito. E' per questo che intendo fare un passo indietro, mentre resta assolutamente inalterata la mia fiducia in una giustizia celere che possa far luce sulla verità e, inevitabilmente, escludermi da vicende che non mi appartengono».
Sul fronte politico la polemica ora riguarda anche il ministro del lavoro Giuliano Poletti, in seguito alla diffusione di fotografie nelle quali compare accanto all'allora sindaco di Roma Gianni Alemanno, all'ex ad dell'Ama Panzironi, al dimissionario assessore alla casa Ozzimo e a Salvatore Buzzi, ritenuto dagli inquirenti uno dei principali protagonisti del sistema, perché tramite la sua cooperativa sociale che faceva affari con i fondi pubblici destinati in realtà all'assistenza ai nomadi e al'accoglienza di migranti e rifugiati. «Sapevamo tutti quanti che Salvatore Buzzi era stato condannato per omicidio ma noi che viviamo in questi mondi pensiamo che ci sia la possibilità di cambiare la propria vita. Buzzi era apparso come una persona perbene che da carcerato si era laureato, faceva una vita dove si impegnava perché le persone che uscivano dal carcere avessero un'altra possibilità, scoprire quello che ha fatto è un paradosso. Contro queste cose ho fatto la guerra per 40 anni sono arrabbiato soprattutto per tutte quelle cooperative sociali perbene e le persone perbene che ci lavorano. Ora sto male a vedere il mio nome associato al suo».
IL VIDEO DELL'ARRESTO DI MASSIMO CARMINATI, RITENUTO IL BOSS DI «MAFIA CAPITALE»
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