Per i sindaci il dramma «quote rosa»

di Lorena Stablum

Sta creando più di un problema nella composizione delle giunte la legge regionale numero 1 del 5 febbraio 2013, entrata in vigore il 14 marzo del 2013. Da più parti della provincia, i sindaci neoeletti, che in questi giorni sono alle prese con l'individuazione degli assessori, hanno segnalato al Consorzio dei Comuni delle criticità dovute alla rigidità del criterio della rappresentanza di genere, che di fatto limita la possibilità di scelta dei primi cittadini.


In sostanza, la norma, che ha introdotto la riduzione dei componenti del consiglio comunale e dei membri della giunta modulata su sei classi demografiche, prevede anche la parità di accesso dei due generi nella giunta comunale. Inoltre, nella giunta la rappresentanza del genere meno presente in consiglio - di fatto le donne, che di solito sono le meno votate - deve essere garantita almeno proporzionalmente alla consistenza comunale del consiglio, pena, dopo la diffida della giunta provinciale e decorso inutilmente il termine di trenta giorni, lo scioglimento dell'assemblea comunale. Successive modifiche alla legge consentono ai primi cittadini di prevedere - con modifica statutaria e senza l'aumento della spesa per indennità mensile di carica spettante complessivamente agli assessori - un numero di assessori superiore di un'unità rispetto a tale limite. E qui sorgono i problemi, soprattutto nei Comuni con popolazione sotto i mille abitanti, dove l'organo di governo è passato da 4 assessori più il sindaco a 2 componenti più il sindaco e il consiglio a 12 membri. Nel caso in cui, il primo cittadino volesse per diversi motivi estendere la giunta di un componente lo può fare, dopo la modifica dello statuto, ma nel farlo deve tener conto della composizione del consiglio. Ciò significa che se nel suo consiglio sono state elette un terzo di donne anche la giunta dovrà essere formata da un terzo di assessori donna. Ad esempio, se su 12 consiglieri risultano eletti 8 uomini e 4 donne, il sindaco, che intende avvalersi della facoltà di ampliare la giunta, per mantenere le proporzioni dovrebbe nominare 1,33 assessori donna. Cosa impossibile.


La circolare del 5 maggio scorso, mandata dall'Ufficio elettorale della Regione ai Comuni, quindi chiarisce che «ogniqualvolta la proporzione dei generi all'interno del consiglio comunale comporti una quota di rappresentanza in giunta espressa da numeri con cifre decimali il genere meno rappresentato avrà sempre diritto a un arrotondamento per eccesso della propria rappresentanza». Le donne, quindi, diventano due. È il caso del Comune di Ossana in Val di Sole, dove il sindaco Luciano Dell'Eva aveva deciso di allargare la giunta affidando il terzo posto da assessore al secondo candidato più votato Roberto Dalla Torre, visto che uno era già destinato alla rappresentanza di genere. La scelta del primo cittadino era dettata dal fatto che voleva rispettare il voto popolare. Scelta che, però, Dell'Eva non potrà operare se non nominando una seconda donna. «Ci stiamo muovendo a livello politico affinché si cambi la norma o la sua interpretazione - spiega Dell'Eva -. Così com'è, la legge non ci consente di tener conto della volontà dei nostri cittadini». Come lui, molti altri sindaci sono di quest'avviso. Non si tratta infatti di un caso solo solandro. Un po' in tutto il territorio trentino la fattispecie si ripete.

comments powered by Disqus