Il Senato vota la riforma Rai L'opposizione: peggio di prima
«Solo un incidente che non pregiudica il cammino della riforma». Matteo Renzi incassa il via libera del Senato al ddl Rai e minimizza lo scivolone del governo battuto giovedì sulla delega per la revisione del canone, con la complicità della minoranza Dem. "Una parte del Pd - sostiene - ha voluto dare un messaggio politico approfittando delle assenze, ma non ci preoccupa".
Il premier intende procedere rapidamente con il riassetto del modello di governo del sistema pubblico radio-tv, ma viene accusato da più parti di voler solo perpeturare, con forme diverse, il consueto controllo dell'esecutivo sulla tv di Stato e l'ingerenza dei partiti, specie di alcuni, sull'offerta informativa.
Si parla anche di una revisione profonda del profilo delle tre reti principali e torna l'ipotesi che Raitre si trasformi in un canale solamente culturale, senza pubblicità.
Ora la palla passa alla Camera, dove - fa sapere il premier - "si potrà correggere il testo", con un nuovo passaggio poi a Palazzo Madama, ma le nuove regole sul canone potrebbero anche essere inserite in altro provvedimento, come la legge di stabilità. Ma la battaglia sulla Rai ha lasciato più di una ferita: c'è anche la scelta di andare al rinnovo del consiglio di amministrazione con la legge Gasparri, che parte dell'opposizione e minoranza del partito giudicano come una ulteriore sconfitta per Palazzo Chigi, condannando la tv pubblica ancora una volta alla lottizzazione. "Il rinnovo del Cda Rai si fa perché lo prescrive la legge - si giustifica Renzi -, scorretto sarebbe continuare con la proroga".
E ancora: "una assurdità giuridica non nominarlo perché nel frattempo non c'è la nuova legge". Quella legge, tra l'altro, quando e se sarà approvata, garantirà al futuro direttore generale i poteri rafforzati previsti per l'ad nella riforma. E - assicura il premier - il prossimo vertice non sarà "a tempo", ma durerà per tutti i tre anni del mandato. I giochi in Vigilanza per la spartizione dei sette dei nove membri del cda sono già iniziati e sono inevitabili.
Per questo Renzi, per allontanare da sé l'accusa di invadere viale Mazzini in continuità con il passato, punta tutto su nomi "autorevoli e competenti", che garantiscano un rapporto tra politica e Rai "alla Bbc, di assoluta indipendenza".
I nomi dei vertici saranno svelati mercoledì e la partita è ancora aperta. Per il presidente c'è da fare i conti con la necessità di raggiunte i due terzi dei voti in Vigilanza e l'unico interlocutore possibile, dopo lo strappo con M5S, è Forza Italia. A fare da ponte con il premier sarebbe Gianni Letta. Gli uomini di Berlusconi hanno bocciato l'ipotesi Luisa Todini e puntano su Antonio Pilati, che non avrebbe però il via libera di palazzo Chigi. Renzi vorrebbe un personaggio che capisca di televisione, per questo viene dato in corsa Paolo Mieli, che non è estraneo al piccolo schermo, ma anche Maurizio Costanzo, oltre a Giancarlo Leone. Il direttore di Rai1 è però spendibile anche come dg, ruolo per il quale restano in lizza Marinella Soldi di Discovery o Andrea Scrosati di Sky.
Alla possibilità di un cambio di rotta in Rai sono in pochi a credere nell'opposizione.
Da M5S Roberto Fico parla di "una legge se possibile peggiore della Gasparri che consegna il controllo al governo". "Renzi passa da rottamatore a lottizzatore", attacca Raffaele Fitto. "Basta propaganda e raggiri - aggiunge Stefano Fassina -. Per una Rai 'alla Bbc', il governo dia parere favorevole agli emendamenti che propongono la governance dell'azienda pubblica come è per la Bbc".
"I sedicenti rottamatori, sulla Rai si sono rivelati i conservatori della tradizione partitocratica", è il giudizio di Fnsi e Usigrai.
"Solo un incidente che non pregiudica il cammino della riforma". Matteo Renzi incassa il via libera del Senato al ddl Rai e minimizza lo scivolone del governo battuto ieri sulla delega per la revisione del canone, con la complicità della minoranza Dem. "Una parte del Pd - sostiene - ha voluto dare un messaggio politico approfittando delle assenze, ma non ci preoccupa". Ora la palla passa alla Camera, dove - fa sapere il premier - "si potrà correggere il testo", con un nuovo passaggio poi a Palazzo Madama, ma le nuove regole sul canone potrebbero anche essere inserite in altro provvedimento, come la legge di stabilità. Ma la battaglia sulla Rai ha lasciato più di una ferita: c'è anche la scelta di andare al rinnovo del consiglio di amministrazione con la legge Gasparri, che parte dell'opposizione e minoranza del partito giudicano come una ulteriore sconfitta per Palazzo Chigi, condannando la tv pubblica ancora una volta alla lottizzazione. "Il rinnovo del Cda Rai si fa perchè lo prescrive la legge - si giustifica Renzi -, scorretto sarebbe continuare con la proroga". E ancora: "una assurdità giuridica non nominarlo perchè nel frattempo non c'è la nuova legge". Quella legge, tra l'altro, quando e se sarà approvata, garantirà al futuro direttore generale i poteri rafforzati previsti per l'ad nella riforma. E - assicura il premier - il prossimo vertice non sarà "a tempo", ma durerà per tutti i tre anni del mandato. I giochi in Vigilanza per la spartizione dei sette dei nove membri del cda sono già iniziati e sono inevitabili. Per questo Renzi, per allontanare da sè l'accusa di invadere Viale Mazzini in continuità con il passato, punta tutto su nomi "autorevoli e competenti", che garantiscano un rapporto tra politica e Rai "alla Bbc, di assoluta indipendenza". I nomi dei vertici saranno svelati mercoledì e la partita è ancora aperta. Per il presidente c'è da fare i conti con la necessità di raggiunte i due terzi dei voti in Vigilanza e l'unico interlocutore possibile, dopo lo strappo con M5S, è Forza Italia. A fare da ponte con il premier sarebbe Gianni Letta. Gli uomini di Berlusconi hanno bocciato l'ipotesi Luisa Todini e puntano su Antonio Pilati, che non avrebbe però il via libera di palazzo Chigi. Renzi vorrebbe un personaggio che capisca di televisione, per questo viene dato in corsa Paolo Mieli, che non è estraneo al piccolo schermo, ma anche Maurizio Costanzo, oltre a Giancarlo Leone. Il direttore di Rai1 è però spendibile anche come dg, ruolo per il quale restano in lizza Marinella Soldi di Discovery o Andrea Scrosati di Sky. Alla possibilità di un cambio di rotta in Rai sono in pochi a credere nell'opposizione. Da M5S Roberto Fico parla di "una legge se possibile peggiore della Gasparri che consegna il controllo al governo". "Renzi passa da rottamatore a lottizzatore", attacca Raffaele Fitto. "Basta propaganda e raggiri - aggiunge Stefano Fassina -. Per una Rai 'alla Bbc', il governo dia parere favorevole agli emendamenti che propongono la governance dell'azienda pubblica come è per la Bbc". "I sedicenti rottamatori, sulla Rai si sono rivelati i conservatori della tradizione partitocratica", è il giudizio di Fnsi e Usigrai.