Bombe italiane sull'Iraq: la Nato preme Il governo conferma: voto in Parlamento
L'Italia si tiene alla larga dallo scontro tra Russia e Usa sugli attacchi in Siria ma è pronta ad assumersi le sue responsabilità in Iraq se e quando arriverà una richiesta specifica degli alleati della coalizione impegnata contro lo Stato Islamico. Il governo conferma la linea rispetto alla partecipazione ai bombardamenti in Iraq e garantisce che il Parlamento sarà coinvolto in ogni decisione che comunque, spiegano fonti di maggioranza, non sarà imminente.
Ieri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha incontrato, insieme al ministro Roberta Pinotti, il segretario alla Difesa Usa Aston Carter. Non si è parlato solo dell'Iraq, ma anzi sono stati presi in esame tutti i teatri di guerra, dalla Siria alla Libia all'Afghanistan. Il ministro Pinotti, nella conferenza stampa insieme a Carter, ha confermato che «non c'è ancora un orientamento preso dal governo» ma ha ricordato che l'Italia ha già deciso «con i nostri alleati di contrastare con forza il Daesh (l'Isis ndr) ed è questo il punto». Una revisione dell'impegno italiano, però, ha precisato Pinotti, non ha nulla a che vedere con un'eventuale leadership italiana nel caso in cui si decidesse una missione internazionale in Libia. «Le due cose non sono connesse - ha chiarito - quello che è deciso dal Governo è far parte in maniera forte di una coalizione contro l'Isis».
Dopo l'audizione dell'altro giorno dei ministri Esteri e Difesa al Senato, ieri sia i ministri sia i leader della maggioranza assicurano che il Parlamento sarà coinvolto se si decidesse di bombardare in Iraq. «Ci sarà un passaggio in Parlamento per garantire trasparenza», si impegna il ministro dell'Interno Angelino Alfano. E il presidente della Camera Laura Boldrini prende per buone le parole del governo: «Pinotti e Gentiloni hanno detto che non ci saranno decisioni se non dopo un passaggio parlamentare. Vedremo se le opposizioni chiederanno che riferiscano in aula».
In ogni caso, secondo fonti di maggioranza, la decisione non sembra imminente. D'altra parte, rispetto al passato, il fronte pacifista non sembra pronto ad alzare barricate in Parlamento.
Difficile, si spiega nella sinistra, giustificare all'opinione pubblica una contrarietà a fare la guerra a chi decapita gli ostaggi, distrugge monumenti ed è pronta a fare attentati in occidente.
Il deputato di Sel ed esponente dell'associazionismo pacifista Giulio Marcon attacca Beppe Grillo che l'altro giorno si era scagliato contro i bombardamenti. «Grillo sul suo blog si chiede: "Pacifisti, dove siete finiti?". I pacifisti si sporcano le mani nei conflitti, contrastando tutti i giorni ogni interventismo militare e curando le vittime dei conflitti, e non fanno solo dei post».
Favorevole «ad intervenire domani, con gli aerei, con la forza, con i soldati» è il leader della Lega Matteo Salvini mentre la sinistra dem, senza esprimere contrarietà, invita «alla prudenza e alla cautela» e a sposare la linea del no alle azioni unilaterali sostenuta dal Capo dello Stato.
Intanto - da un punto di vista tecnico - emerge che servirebbero tra i 7 e i 10 giorni per armare i Tornado italiani e metterli nelle condizioni di bombardare le postazioni dello stato islamico. Se e quando il Parlamento darà il via libera alla nuova missione anti Isis in Iraq, è questo il tempo che ci vorrà per «riconvertire» gli attuali 4 Tornado dispiegati in Kuwait per la ricognizione e la sorveglianza, in jet operativi per i bombardamenti. Gli Stati Maggiori continuano a ripetere che, allo stato dei fatti, nessuna attività è cominciata, ma è evidente che i militari non si faranno trovare impreparati, vista anche l'accelerazione impressa dagli alleati.
Fra le preoccupazioni già manifestate dalle voci contrarie alla partecipazioen ai bombardamenti, quelle relative al rischio elevato di colpire la popolazione civile (i cosiddetti dani collaterali) e il timore che come in altri scenari geopolitici le bombe possano solo destabilizzare ulteriormente il quadro complessivo.