Spese pazze in Sardegna: il sottosegretario Barracciu (Pd) si dimette
È rimasta in silenzio per qualche ora, dopo la decisione del Gup del Tribunale di Cagliari che l’ha rinviata a giudizio per peculato aggravato. Poi, nel pomeriggio, il sottosegretario alla Cultura, Francesca Barracciu (Pd), si è dimessa, pronta a difendersi nel processo che inizierà il 2 febbraio 2016 dal quale è convinta di uscirne «a testa alta».
L’inchiesta che l’ha fatta finire nei guai è quella legata all’utilizzo dei fondi del Consiglio regionale della Sardegna che ha già coinvolto, in maniera bipartisan, un’ottantina di consiglieri della XIII e XIV legislatura. Nel caso della Barracciu, l’accusa di peculato aggravato è arrivata per 81 mila euro spesi dal 2004 al 2009, e che ora l’esponente del Pd dovrà giustificare a processo. La notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati era arrivata all’indomani della vittoria alle primarie del centrosinistra che la vedevano in corsa per la presidenza della Regione Sardegna. L’invito a comparire in Procura per rispondere alle domande del sostituto procuratore Marco Cocco, titolare di tutti i fascicoli delle due inchieste sui fondi ai gruppi, la convinsero a lasciare il posto a Francesco Pigliaru, poi diventato governatore.
Il pm aveva deciso di isolare la posizione della Barracciu a seguito della richiesta di interdizione del sottosegretario che, però, il Gip non aveva accolto. «Ritengo doveroso dimettermi - ha fatto sapere nel pomeriggio l’ormai ex esponente del Governo - ed avere tutta la libertà e l’autonomia necessarie in questa battaglia dalla quale sono certa uscirò a testa alta. La notizia del rinvio a giudizio mi colpisce ed amareggia sia dal punto di vista personale, sia da quello dell’impegno e del lavoro che ho profuso in questi anni di politica ed amministrazione e che ho continuato a mantenere anche al governo. Sono fiduciosa - ha aggiunto - nel percorso della giustizia e affronterò il processo con determinazione e serenità, nella certezza di essere totalmente innocente».
L’uscita di scena era stata preceduta dal pressing incalzante delle opposizioni, in prima fila il Movimento 5 stelle, per convincerla al passo indietro. Immediate le reazioni politiche alle dimissioni. «Un gesto di grande correttezza e sensibilità istituzionale - ha commentato il ministro ai Beni culturali, Dario Franceschini - Sono certo che Francesca si batterà con tutta la determinazione che ha sempre dimostrato di avere, per vedere riconosciuta la sua innocenza».
Inizialmente all’esponente del Pd erano state contestate spese per 33 mila euro, fatte quando sedeva nel Consiglio regionale sardo. Soldi destinati al suo gruppo, che nel primo interrogatorio in Procura aveva giustificato come costi per carburante. Poi nel marzo 2014, dopo gli accertamenti della polizia giudiziaria, erano saltati fuori altri 45mila euro di spese dubbie: alla fine, il pm Cocco ha chiesto il processo per complessivi 81 mila euro. Il neo resta, come per tutti i consiglieri coinvolti, la rendicontazione delle spese: Barracciu avrebbe speso quei soldi, secondo la difesa, in viaggi per motivi politici, soprattutto in pieni di benzina utilizzati con la sua auto. Ma ci sono delle incongruenze nel confronto tra gli spostamenti geografici indicati e i movimenti della carta di credito dell’indagata.
A ciò era seguita la polemica politica e della rete, alimentata dalle dichiarazioni alla Camera di Alessandro Di Battista (M5S): «Con 33 mila euro di rimborsi benzina, Barracciu sarebbe potuta arrivare sulla luna. Come Neil Armstrong». Nella querelle si era inserito anche l’attore Alessandro Gassman, protagonista di uno scambio polemico via Twitter con la sottosegretaria di cui aveva sollecitato le dimissioni. Ma oggi, dopo l’addio al Governo, l’attore ha twittato: «Penso che se si ricoprono cariche pubbliche e indagati ci si debba dimettere. Ma finchè non condannati si è innocenti... anche #Barracciu».