Daldoss: «Sloi e altre aree inquinate siano trasformate in parchi pubblici»

Nelle aree inquinate di Trento? Un grande parco pubblico, niente cemento. Sull'area di via al Desert, nel caso il nuovo ospedale venisse realizzato a Mattarello? Il nuovo stadio. E al posto del vecchio campo Briamasco? Alloggi da destinare a prima casa (ne riferiamo a fianco), con una formula in cui il pubblico faccia da regia, per non ripetere l'errore delle Albere.

Fosse una questione solo cittadina, limitata al perimetro urbano del capoluogo, probabilmente se ne starebbe zitto, rispettando i ruoli istituzionali. Ma Carlo Daldoss , dal suo ufficio di assessore all'urbanistica della Provincia, è convinto che l'insieme delle aree dismesse e inutilizzate in città, un'enormità per numero di ettari, da simbolo del degrado e dell'abbandono possano diventare una grande occasione: «Trento potrebbe essere la città dei parchi e diventare un simbolo, un modello per l'intero Trentino». Ecco l'idea, ventilata la scorsa settimana in un convegno sul paesaggio ed il verde urbano: «Mettere mano alla ferite urbanistiche, perché la riqualificazione e la cura del territorio possono dare un'idea di armonia e bellezza, elementi che contribuiscono a renderlo attrattivo».

L'elenco delle ferite è lungo, zeppo di «ex»: ex Italcementi a Piedicastello; ex Sloi ed ex Carbochimica a Trento Nord; ex Atesina a Solteri; ex scalo Filzi tra via Brennero e via Maccani; il quartiere mai sorto a Canova; i 26 ettari dell'area ex agricola di San Vincenzo a Mattarello, parzialmente riempita di materiale di scavo della galleria di Moena per farne le fondamenta di una cittadella militare poi cancellata (tanto che ora la Provincia vorrebbe lì realizzare il nuovo ospedale); la spianata di 19,7 ettari di via al Desert, concepiti per il Not ed ora dal destino indefinito...

Assessore Daldoss, cosa ci potrebbe a suo dire fare con tutte queste aree cittadine?

«Le situazioni sono diverse. Ci sono aree a demolizione conclusa, o quasi, come l'ex Italcementi dove le due ciminiere sono un simbolo di archeologia industriale che ha un senso mantenere: area per la quale delle proposte sono in corso. C'è l'ex Atesina rimasta intatta... Ma in generale la domanda da porsi è: nei prossimi 15-20 anni di quanta nuova volumetria ha bisogno la città di Trento?».

E quindi?

«So che il Comune sta avviando una fase di riflessione sul Prg che tiene conto della legge urbanistica approvata di recente. Io credo che, nelle more dell'eventuale utilizzo futuro delle aree, si debbano affrontare due questioni: come sanare queste ferite (basta salire a Sardagna e osservare Trento dall'alto per capire che tali sono) e come renderle subito fruibili».

Da qui l'idea di farne dei parchi cittadini?

«Sì, credo davvero che Trento potrebbe diventare la città dei parchi. Per fare questo, però, occorre passare da una visione di Prg quale strumento che individua funzioni particolari, precise, di lungo periodo, a quella di un piano che ha un impatto sociale immediato, che garantisce ad esempio la fruizione di un parco e ha un impatto positivo sulla qualità della vita dei residenti. A Vermiglio, quand'ero sindaco, abbiamo realizzato tre laghetti ed un parco dove c'era un'area degradata: è diventata la "piazza", luogo di incontro e socialità. Una casa ha un valore non solo perché ha un tetto che ripara, ma anche perché è inserita in contesto dove il legame tra uomo, territorio e natura ha un suo significato. Penso a Trento Nord, ai palazzoni di uffici e residenza. Lì, un parco pubblico sulle aree inquinate avrebbe una grande importanza in termini di maggiore vivibilità».

Ma quelle sono aree private, non pubbliche.

«Guardiamo la realtà. Uno dei proprietari ha riconosciuto pubblicamente che valgono zero, perché vanno bonificate e i costi di bonifica superano il beneficio immobiliare. Oggi, la capacità contrattuale del privato è ridotta».

Qual è la sua proposta per l'ex Sloi e l'ex Carbochimica?

«Intanto, di utilizzare le aree a fini pubblici facendone un parco. La saggezza ci dice che a problemi complessi si possono trovare soluzioni semplici: basta il riporto di terra di un metro...».

Ripeto: sono aree private, e da bonificare...

«Evidente che i privati proprietari non hanno interesse a realizzare un parco pubblico. Ma considerando il valore che tende a zero, si può incentivare la cessione con forme di perequazione urbanistica. Si stabilisce un valore (basso) delle aree e lo si trasforma in valore di volumetria da sfruttare edificando altrove nel comune di Trento, a costo praticamente zero per la collettività».

Ma il piano guida del 2011 del Comune prevede di edificare lì tra i 320 mila e i 500 mila metri cubi. Come se ne esce?

«Quel piano è irrealistico. Vanno fissati tempi certi, e tocca al Comune farlo. Occorre ridurre le entità dei volumi e condizionarli nel tempo: se entro una data fissata non parte la bonifica, l'area diventa verde e si ricontratta tutto. Capisco che i privati dicano che finché non hanno il sì alla bonifica non si muovono. Ma non si possono aspettare anni, altri decenni. L'alternativa al parco è il niente».

E dei venti ettari di via al Desert? Che fare se l'ospedale venisse fatto a Mattarello?

«Realizzarvi il nuovo stadio. Il campo da calcio del Briamasco è fuori luogo, mentre le Ghiaie, per dimensione, per possibilità di parcheggi e di realizzarvi altre strutture sportive, per accessibilità e vicinanza al PalaTrento, sarebbero la soluzione ideale».

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