Vatileaks, si riapre lo scandalo della «Fabbrica dei santi»

Mentre impazza, nella nuova Vatileaks, il caso dei super postulatori delle cause di canonizzazione, tra cui lo studio legale Ambrosi di Roma, una sorta di ras nell’ambiente della «Fabbrica dei santi», non si sono avute più notizie del tariffario annunciato dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le cause dei santi. Il «ministro» vaticano che sovrintende ai processi per i nuovi santi e beati.

Amato ne aveva annunciato l’introduzione attraverso il quotidiano della Santa sede, l’Osservatore romano, a metà gennaio 2014 mentre già a Roma si preparava la maxi-cerimonia per la canonizzazione dei due Papi, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.

Il tariffario si voleva ispirare a un senso di «sobrietà ed equità» volto ad evitare «sperequazioni» tra le cause cosiddette ricche e quelle cosiddette povere. E quindi anche, indirettamente, per mettere un freno allo strapotere che i soliti, pochi grossi studi esercitano.

Può apparire strano, infatti, ma ad oggi, nonostante le numerose procedure previste, i documenti necessari, la quantità di operatori e consulenti coinvolti e quindi, giocoforza, il flusso di danaro fluttuante attorno alla Congregazione, un tariffario di riferimento finora non era mai esistito.

Così, cause supportate da lauti finanziamenti e generosi sponsor, raccolti magari attraverso fondazioni ad hoc, hanno spesso preso la corsia preferenziale rispetto ad altre divenute inevitabilmente di serie B mentre non era possibile conoscere onorari e costi fissi delle tante (e inimmaginabili per i profani) spese che vanno sostenute per portare il proprio beniamino agli onori degli altari.

Era una delle missioni affidate anche quella a Cosea, la Commissione referente sulle attività economiche amministrative della Santa Sede, di cui facevano parte i due arrestati nell’attuale scandalo della fuga di documenti, mons. Lucio Angel Vallejo Balda e la pierre Francesca Immacolata Chaouqui. Lo scopo era il contenimento dei costi e anche accertare che i fondi andassero effettivamente a finanziare lo scopo previsto, cioè le spese necessarie alla causa senza distrazione e usi indebiti delle risorse.

Un’operazione suggerita forse anche dal caso venuto alla luce tre anni fa con l’inchiesta sul Madoff dei Parioli, quello di Francesco Maria Ricci, monsignore della Congregazione, che a Gianfranco Lande aveva affidato 1,6 milioni del dicastero perchè li reinvestisse a tassi del 20%.

Sul quanto può costare una causa, stime circolate recentemente dicono che la tipica causa costa intorno ai 15-50 mila euro, inclusi i diritti che spettano alla Santa Sede (ad esempio circa 150 euro per il decreto di validità, una volta depositati i documenti), i compensi da garantire ai consulenti storici, ai medici (nel caso di accertamento di un miracolo), ai teologi (anche qui siamo sui 150 euro a consulente), a cui si aggiungono le spese per le ricerche, stampa e traduzione dei libretti, l’allestimento della cerimonia. In realtà il prezzo può schizzare facilmente verso l’alto. La causa di beatificazione di Rosmini è costata 750mila euro. Secondo il Catholic news service la cifra di riferimento è di 250mila euro.

Una volta superata la fase della «positio», una raccolta voluminosa di testimonianze che se validata fa entrare la causa nel vivo dell’iter, servono altri 350-400 euro per il decreto di apertura, l’assegnazione di un «relatore», cioè il giudice investigatore scelto dalla Congregazione e il «nihil obstat». I medici della Congregazione individuati poi per accertare l’eventuale miracolo vanno onorati con circa 700 euro ciascuno.

Una delle maggiori voci di spesa è quella legata al postulatore, cioè l’avvocato che porta avanti la causa nel «tribunale dei santi». Qui il tariffario si rende più che mai necessario.
Infatti, in mancanza di tariffe minime stabilite, il prezzo finora, come in ogni altro settore non regolato, lo ha fatto il mercato così più il postulatore è bravo, cioè più cause vince, più si fa pagare. In Vaticano si conoscono postulatori da 50 mila fino a 100mila euro di onorario l’anno. Considerando che una causa dura più anni, si fa presto a intuire quanto sia salato il conto finale.

Nina Fabrizio [Ansa]

 

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