La ministra Guidi si dimette travolta dall'inchiesta Eni
Federica Guidi si dimette da ministro dello Sviluppo economico, scaricata dal Governo, dopo la pubblicazione di una conversazione con il suo compagno, Gianluca Gemelli, intercettata nell’ambito di un’inchiesta della procura di Potenza sullo smaltimento dei rifiuti legati alle estrazioni petrolifere.
L’inchiesta porta a sei arresti e al blocco della produzione dell’Eni in Val D’Agro, come conseguenza di due sequestri nel centro oli di Viggiano. Guidi non è iscritta agli atti, Gemelli risulta indagato. Ma una telefonata tra i due, in cui il ministro si impegna a far approvare un emendamento per sbloccare un impianto in località Tempa Rossa, nel potentino, porta in poche ore alle dimissioni. Non solo infatti l’opposizione accusa il ministro di «conflitto d’interessi» e annuncia mozioni di sfiducia, ma la maggioranza fa calare sulla vicenda un raggelante silenzio.
Sono le otto di sera, quando Guidi scrive al premier Matteo Renzi, che si trova negli Stati Uniti in visita istituzionale: «Caro Matteo sono assolutamente certa della mia buona fede e della correttezza del mio operato. Credo tuttavia necessario, per una questione di opportunità politica, rassegnare le mie dimissioni. Continuerò come cittadina e come imprenditrice a lavorare per il bene del nostro meraviglioso Paese», scrive l’ex presidente dei Giovani di Confindustria, portata da Renzi due anni fa alla guida del dicastero dello Sviluppo.
Risale a fine 2014 l’intercettazione al centro della bufera: «E poi dovremmo riuscire a mettere dentro al Senato, se è d’accordo anche ‘Mariaelenà, quell’emendamento che mi hanno fatto uscire quella notte, alle quattro di notte», dice Guidi al compagno. Il ministro si riferisce a un emendamento che il governo sta per inserire nella legge di stabilità relativo ai lavori per il centro oli della Total in contrada Tempa rossa, a Corleto Perticara (Potenza). Allo sblocco di quei lavori Gemelli stesso, che guida due società del settore petrolifero, ha interesse. La «Maria Elena» citata, è il ministro dei Rapporti con il Parlamento Boschi. Subito dopo aver parlato con Guidi, Gemelli telefona a un dirigente di una società petrolifera e lo informa dell’emendamento, già bocciato una volta, per «sbloccare Tempa rossa: la chiamo - dice - per darle una buona notizia».
L’inchiesta dei magistrati di Potenza riguarda lo smaltimento illecito di rifiuti nel centro oli di Viggiano e casi di corruzione per la costruzione del centro oli della Total a Corleto Perticara. Sono circa sessanta le persone indagate (Gemelli per concorso in corruzione e per millantato credito), sei agli arresti domiciliari. «È riduttivo parlare di un reato di ecomafie perchè qui non vi sono i tradizionali mafiosi con le coppole ma si tratta di criminalità organizzata su basi imprenditoriali», dice il Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti. Emergono, spiega, «meccanismi truffaldini» che hanno portato a un «risparmio illecito» annuo tra i 44 e 110 milioni.
Con il passare delle ore e l’emergere dei dettagli dell’inchiesta, le opposizioni si scagliano contro Guidi, mentre il silenzio del governo e della maggioranza appaiono come una presa di distanza. Dal Pd Gianni Cuperlo chiede che sia fatta «assoluta chiarezza» e osserva che «forse serve un tagliando del governo»: «Vedo troppo familismo in giro, troppo potere in poche mani», dichiara. Le dimissioni vengono accolte come «doverose» da Giorgia Meloni e «opportune» da SI. Solo Silvio Berlusconi spende parole contro le intercettazioni, «vulnus della nostra democrazia».
Ma alle opposizioni il passo indietro di Guidi non basta. «È l’ennesimo, mostruoso conflitto d’interesse di questo governo. Più che Guidi o Boschi la vera responsabilità è quella di Matteo Renzi», afferma Matteo Salvini. «Anche Boschi, come la Guidi, ha le mani sporche di petrolio e deve dimettersi», attaccano i Cinque stelle, che rivendicano di aver denunciato già all’epoca che l’emendamento incriminato conteneva «favori alle lobby petrolifere». «La questione non è chiusa», promette SI.