Il cadinal Leonardo Sandri: il Caucaso sarà un ponte
Si celebra domani l’anniversario del «Metz Yeghern», il Grande Male, come viene indicato dagli armeni: l’orribile massacro del 1915 di un milione e mezzo di armeni. La Giornata della Memoria armena porterà in piazza, a Roma, sia armeni che italiani. Nel pomeriggio, al Pontificio Collegio Armeno, si svolgerà una veglia di preghiera con il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali.
«Fare memoria è sempre un cammino che dobbiamo fare per ricordare questi fatti terribili della storia umana, che siano allo stesso tempo periodo di purificazione per poter contemplare la gravità, la profondità della malizia del cuore umano, e non per restare, con questa memoria, aggrappati a un passato, ma per aprirci a un futuro di grandi possibilità di riconciliazione, di convivenza, un futuro migliore», dice Sandri alla Radio Vaticana.
Il cardinal Sandri - che è di origini trentine - ricorda «anche le ferite che rimangono dopo questi terribili fatti. Adesso noi tutti siamo anche sensibili alla tragedia e ai morti, alle vittime di questa realtà del Nagorno Karabakh e speriamo che si possa, con l’aiuto della comunità internazionale, trovare una forma di soluzione giusta e permanente per un conflitto che può portare gravissime conseguenze ai due popoli, specialmente per l’Armenia, Paese così caro alla Chiesa cattolica, il primo Paese cristiano».
E a proposito del viaggio che il Papa farà a giugno in Armenia, «di per sè - sottolinea Sandri -, è una visita al Caucaso fatta in due tappe: la tappa dell’Armenia e poi la tappa della Georgia e dell’Azerbaigian, così è stato annunciato dalla Santa Sede. Ma io vedo in questo viaggio del Papa, come in tutti i viaggi che ha fatto, questa dimensione intanto di vicinanza, questa dimensione dell’incontro». «Allo stesso tempo, è l’incontro, la visita, che si fa profezia di un mondo migliore, di un mondo che supera le divisioni, che supera queste dannosissime realtà che ledono la vita umana», aggiunge.
«Mi auguro - conclude il capo del dicastero Orientale - che questo viaggio annunciato del Santo Padre sia portatore di tanto bene sia per la carissima Armenia sia per gli altri due Paesi come la Georgia, che anche è un Paese cristiano, e anche per l’Azerbaigian. Il Caucaso dev’essere un ponte, come dice il Papa accennando ad altre realtà, non un muro di divisioni e di guerre, ma un ponte che unisca l’Oriente e l’Occidente».