La Cassazione: divieto di avvicinamento per la nonna stalker
Con scenate all'ex marito aveva spaventato la nipotina
Confermato dalla Cassazione il divieto di avvicinamento nei confronti di una giovane nonna pugliese di 59 anni, indagata per stalking, la quale aveva spaventato la nipotina facendo una scenata, sulla spiaggia, all’ex marito e alla sua nuova compagna che erano sotto l’ombrellone insieme ai genitori della bambina per passare insieme la domenica al mare.
La donna non aveva sopportato di essere stata lasciata dal marito, medico all’ospedale di Lecce, invaghitosi di una infermiera che lavorava con lui. Per prima cosa, la signora, l’undici maggio 2015, fresca di separazione, era andata dalla sua «rivale» per «ingiuriarla» manifestando il proposito di «farle perdere il posto di lavoro». Non soddisfatta, il 28 maggio, era tornata alla carica all’ospedale «Vito Pazzi» per parlare con il primario ed informarlo «dei presunti rapporti sessuali che il marito e l’infermiera avrebbero avuto nel corso degli orari di lavoro e sul posto di lavoro».
Infine, il 12 luglio, c’era stata l’improvvisata in riva al mare nel corso della quale, destando agitazione, aveva detto all’ex marito «sei un uomo di m....» e alla sua nuova compagna aveva rivolto l’immancabile epiteto di «zoccola». Poi, non ancora placata, aveva afferrato la nipotina per il braccio, come per portarla via, e la piccola era scoppiata in lacrime, «tanto da essere allontanata dalla donna, benchè sua nonna».
Questa reazione della bambina, ad avviso della Cassazione, «si presenta emblematica, al fine di dar conto della idoneità della condotta tenuta dalla donna ad ingenerare un grave turbamento e, comunque, un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva». Per questo i supremi giudici - sentenza 21408 - hanno dato il via libera al divieto, a carico della signora, di avvicinarsi ai luoghi frequentati dall’ex marito e dalla sua compagna nell’ambito dell’indagine aperta dalla Procura di Lecce. «Il delitto di atti persecutori - spiegano gli "ermellini" - consiste in un reato abituale per integrare il quale serve che la condotta sia reiterata, non essendo sufficiente al singola condotta».
«Sulla base di tali principi, - prosegue il verdetto - si osserva che immune da censure si presenta la valutazione del Tribunale secondo cui la cadenza e le modalità in un arco temporale ravvicinato delle condotte descritte, integranti una vera e propria azione concentrica, posta in essere al fine di minare l’equilibrio psichico delle parti offese su più fronti, sono idonee ad integrare il grave quadro indiziario nei confronti dell’indagata». Così il ricorso della signora contro la misura cautelare, convalidata dal Tribunale della libertà di Lecce lo scorso 15 ottobre, è stato rigettato. Senza successo il suo legale aveva sostenuto che si era solo trattato di scenate di poco conto prive «degli elementi caratterizzanti il reato di stalking, quali le continue telefonate, i pedinamenti ed appostamenti sotto casa, le frasi e gli atteggiamenti chiaramente intimidatori». Per la Cassazione il pianto della nipotina basta e avanza come prova «emblematica».