«È stata proprio Eleonora a rifiutare la chemio»
La drammatica storia della 18enne riapre il dibattito sulla libera scelta delle cure
Un caso di anti-scienza. No, il rispetto della volontà del paziente. La storia di Eleonora Bottaro, la 18enne padovana morta di leucemia dopo aver rifiutato coscientemente la chemioterapia, riapre il nervo scoperto della contrapposizione tra scienza ufficiale e medicina alternativa.
I medici, che hanno tentato in ogni modo di convincerla della necessità della chemio - rivolgendosi, inutilmente, anche ai giudici - ribadiscono che si poteva salvare. I genitori, e i loro legali, respingono queste certezze, spiegando che è stata sempre Eleonora a dire no al trattamento chemioterapico, dopo aver visto morire un'amica come lei malata che vi si era sottoposta. «I genitori - ha detto l'avvocato Gian Mario Balduin - hanno rispettato in ogni modo e forma la volontà di Eleonora.
Volontà espressa ripetutamente davanti a me e al collega Roberto Mastalia, uno dei più grossi esperti di diritto sanitario d'Italia». Eleonora nel marzo scorso, un mese dopo la diagnosi di leucemia linfoblastica acuta, aveva inviato al Tribunale una lettera a sua firma in cui sosteneva che sulla base delle sue conoscenze «sono più i morti dopo la chemioterapia rispetto a quanti al giorno d'oggi sono ancora in vita». A sostegno della libertà di cura erano state raccolte 200 firme tra parenti e amici del suo paese, Bagnoli (Padova). Ma tutto è stato inutile.
La sentenza del Tribunale dei minori (all'epoca Eleonora aveva 17 anni) che aveva tolto la patria potestà ai genitori; la nomina di un medico come tutore legale; le cure a base di cortisone a cui la giovane si è sottoposta all'ospedale di Bellinzona. Che tuttavia ha negato d'aver seguito protocolli «alternativi». Durante il ricovero in Svizzera - ha chiarito una nota dell'Eoc di Bellinzona - Eleonora è stata sottoposta solo ad una cura con corticosteroidi che «ha consentito un transitorio miglioramento, prima che la malattia non riprendesse il suo ineluttabile decorso fatale». «In nessun momento - ha proseguito - la struttura ha proposto o seguito alcuna pratica alternativa senza legami scientificamente fondati nella cura di queste patologie. Purtroppo, malgrado tutti i nostri sforzi, sia la paziente che i genitori hanno continuato a rifiutare qualsiasi terapia chemioterapica; questo tipo di cura oggi è in grado di offrire una possibilità di guarigione definitiva a lungo termine nella misura del'80-85% dei casi». I corticosteroidi, invece, hanno consentito solo «un transitorio miglioramento», prima del decorso fatale.