Profughi, scontro Budapest-Ue dopo il referendum «fiasco»
Chi è andato alle urne ha bocciato in larga maggioranza (oltre il 90%) l’obbligo di accogliere profughi per alleggerire il carico di altri paesi dell’Ue, come Italia e Grecia.
Alla quasi unanimità, dunque, ma senza raggiungere il quorum del 50%, perche quasi sei elettori su dieci hanno disertato le urne.
Non si registra, dunque, il minimo di consistenza plebiscitaria che aveva chiesto il premier nazionalista-conservatore ed euroscettico Victor Orban, vincitore, ma anche sconfitto, del referendum.
L’affluenza è stata del 43,42% soltanto: il quorum del 50% non è stato raggiunto e dunque la consultazione non è valida secondo la legge in vigore, a dimostrazione che gli appelli al boicottaggio dell’esile opposizione ungherese, assieme alla tradizionale disaffezione per lo strumento referendario, si sono fatti sentire.
Secondo Orban, comunque, cambia poco: già dopo aver votato in mattinata in una scuola elementare del suo quartiere a Buda, ieri ha detto che «non importa se il referendum risulterà valido o meno: conseguenze giuridiche ci saranno comunque. L’importante è che i no siano maggioranza».
Il premier ha annunciato inoltre che «la cosa più importante» per lui è quella di poter andare a Bruxelles già questa settimana per «condurre negoziati» e ottenere che non sia obbligatorio per l’Ungheria accogliere «il tipo di gente» che «noi non vogliamo», ha aggiunto con implicito riferimento a potenziali terroristi e musulmani. Orban ha sottolineato che gli ungheresi dono «orgogliosi» di essere «i primi», e «sfortunatamente» anche «gli unici» a votare in un referendum «sulla questione dei migranti».
A Bruxelles, dove la consultazione non avrebbe avuto valore anche se il quorum fosse stato raggiunto, Orban troverà un muro: il presidente del Parlamento europeo, il tedesco Martin Schulz, ha definito «un gioco pericoloso» quello del premier ungherese di far votare su decisione da lui stesso avallate in sede comunitaria e riguardanti l’accoglienza solo «solo di circa 1.300 profughi» sui 160 mila che devono essere smistati in partenza da Italia e Grecia.
Fra le possibili conseguenze di cui ha parlato il premier, c’è anche una modifica della costituzione ungherese per vietare di accogliere in Ungheria cittadini stranieri senza l’approvazione del Parlamento ungherese. Insomma proprio il senso del quesito del referendum per il quale il governo ha fatto una campagna che l’opposizione ha definito xenofoba e islamofoba.
Orban si è speso con toni epocali (voto di «significato epocale» non solo per l’Ungheria ma anche per l’intera Unione europea) drammatizzando anche con un impegno a dimissioni in caso di un’impossibile vittoria dei sì.
La sua propaganda in difesa dell’Europa «cristiana» e quella dei suoi uomini più vicini che hanno spesso battuto il tasto del nesso profughi-terroristi, ha pagato dunque solo in parte e in realtà il primo ministro ne esce assai indebolito.
Una campagna che peraltro ha ricevuto l’appoggio del partito di estrema destra Jobbick che si innesta su una politica di chiusura sul fenomeno delle migrazioni: la rete metallica srotolata ai confini meridionali dopo la crisi dei profughi che l’anno scorso ha visto transitare per l’Ungheria quasi 400 mila migranti.
Ma soprattutto l’aver accolto solo 508 richiedenti asilo, respingendone otto su dieci, con una durezza che dovrebbe ripetersi quest’anno. E tanto per scoraggiare chi volesse mettersi in marcia sulla rotta balcanico-ungherese, le autorità di Budapest si comportano in un modo che ha spinto Amnesty International ha parlare di «orribile» trattamento.
Stamattina Orban ha ripetuto che l’Unione europea dovrà «tener conto» della consultazione anche se non è stato raggiunto il quorum.
«Viviamo in un’epoca in cui milioni di persone migrano», ha premesso Orban in conferenza stampa. «L’Ungheria, per primo fra i Paesi dell’Ue, ha consultato il proprio popolo al riguardo, e gli elettori ungheresi hanno rifiutato un sistema di ricollocamento obbligatorio dei migranti arrivati sul territorio dell’Ue. Oltre 3 milioni di elettori hanno espresso un’opinione in questo senso. Bruxelles dovrà tenerne conto», ha detto ancora il premier precisando che la modifica costituzionale approderà già domani in Parlamento.
Ma dalla Ue arriva una doccia fredda verso Budapest: «Come tutti sappiamo il referendum» in Ungheria sulle quote obbligatorie di richiedenti asilo «riguarda il futuro» perché i ricollocamenti decisi «sono legge e devono esseri rispettati».
Così il portavoce della commissione Ue Margaritis Schinas. Il portavoce ricorda che la Commissione «si riserva di intraprendere azioni» per chi non applica le decisioni.
«Ognuno può interpretare» il risultato del referendum ungherese come vuole, «noi restiamo ai fatti», prosegue Schinas.
«Non abbiamo una bacchetta magica per risolvere la crisi dei migranti. Abbiamo bisogno di un approccio d’insieme, ricollocamenti e reinsediamenti sono parte, ma non sono l’unico elemento», conclude.