Scenari del dopo voto: Mattarella ricorda che l'arbitro è il Quirinale
A sei giorni dal referendum torna in gioco Sergio Mattarella e ricorda il ruolo che gli affida la Costituzione.
"L'arbitro" istituzionale che quasi non si vede quando la partita è corretta ma che lavora tanto sotto-traccia.
Un arbitro che "suggerisce e persuade" con discrezione affinché la vita del Paese fluisca ordinatamente. E che non ci siano né strappi né falli nei momenti più delicati della legislatura.
Sembra un monito indiretto a chi, compreso il capo del governo e vari ministri, in questi giorni per indurre i cittadini a votare sì evoca il "ischio" che tornino gli esecutivi tecnici "che alzano le tasse".
Ecco Mattarella ricorda che a gestire gli scenari del dopo voto sarà lui: oggi dunque sarebbe poco rispettoso attribuirgli questo o quell'orientamento.
Per questo al Colle si vivono - e si invitano a vivere - con serenità questi giorni di vigilia elettorale avendo ben chiaro che il quattro dicembre non è previsto un voto di fiducia - seppur non si trascurano le potenziali implicazioni politiche - e che in ogni caso è chiaro che oggi ben esiste una maggioranza parlamentare.
E forse non è un caso se Mattarella ha confermato una serie di impegni a Milano per il sette dicembre, cioè solo due giorni dopo i risultati del voto.
E se Sergio Mattarella "esorta e suggerisce", come ha spiegato lui stesso rispondendo alle domande di un gruppo di studenti, il premier sembra frenare rispetto ai toni minacciosi degli ultimi giorni sul rischio che tornin"o" i tecnicie dunque non chiudere l'ascolto: "Il sistema istituzionale italiano ha molti elementi di garanzia, un governo c'è sempre: politico, tecnico, iper-politico, iper-tecnico, faremo di tutto perché l'Italia sia in condizioni di affrontare sfide", ha assicurato ieri Matteo Renzi precisando che "se vince il sì occorre continuare a lavorare tutti insieme in una logica di fare un servizio al Paese".
Quasi le stesse parole di Mattarella che ha confidato il suo traguardo presidenziale: "Il mio sogno in questo momento è che il Paese cresca sempre di più, sia capace di vivere sentendosi in una vera comunità, sentendo tutti quanti che la nostra sorte è legata gli uni agli altri".
Ma se per le istituzioni è ormai giunto il momento di attendere i risultati è proprio perchè quei dati che la notte tra il quattro e il cinque dicembre snocciolerà il Viminale non sono asettici. Non si tratta di sapere solo se vince il sì o il no, ma anche di come si vince o si perde.
Inutile oggi far scenari post-voto - ancor più chiederli al Quirinale - magari affidandosi ai nervosismi dei mercati che fanno il loro lavoro e speculando alla vigilia al rialzo o la ribasso.
Ma certamente Matteo Renzi già domenica dovrà fare bene i conti con se stesso e il suo gruppo dirigente, prima di salire al Colle come sembra inevitabile in caso di sconfitta. Perché questo è chiaro anche al Colle, i numeri del referendum se non c'entrano istituzionalmente con la stabilità del governo, saranno determinanti per le riflessioni che si apriranno immediatamente dopo.
Secondo alcuni osservatori, peraltro, anche in caso di vittoria del sì, Renzi potrebbe dimettersi per ottenere un reincarico e varare un nuovo governo che consolidi la saldatura con l'area centrista.
Anche sulla riforma della legge elettorale. Sulla quale incombe, è bene ricordarlo, la sentenza della Consulta che dovrebbe arrivare non prima di fine gennaio.