Raggi cerca un vicesindaco Grillo conferma: ripartenza
"Se mi arriverà un avviso di garanzia? Valuterò".
Così Virginia Raggi uscendo stamani da casa per recarsi in Campidoglio dove l'aspetta un'altra calda giornata, a tre giorni dall'arresto del capo del personale Raffaele Marra, alla fine della quale potrebbe arrivare la designazione del nuovo vicesindaco.
"Non sono commissariata e mi sento ancora dentro M5S", ha precisato la sindaca della Capitale.
L'assessore alle partecipate Massimo Colomban intando fa sapere non intende fare il vicesindaco di Roma, ma "ha dato comunque la propria disponibilità ad affiancare la Sindaca nelle scelte organizzative e strategiche sia in Comune di Roma che nelle partecipate".
Stasera incontrerà Virginia Raggi "per definire questo ulteriore ruolo in Roma Capitale".
Massimo Colomban non intende fare il vicesindaco di Roma, ma "ha dato comunque la propria disponibilità ad affiancare la Sindaca nelle scelte organizzative e strategiche sia in Comune di Roma che nelle partecipate".
Così l'assessore alle Partecipate, che stasera incontrerà Virginia Raggi "per definire questo ulteriore ruolo in Roma Capitale".
E dopo 48 ore di rigoroso silenzio i due "imputatì di pietra" del caso Raffaele Marra escono allo scoperto.
Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio, finiti indirettamente nel mirino dell'ira anti-Raggi degli 'ortodossì del M5S, si smarcano da qualsiasi legame con il dirigente arrestato. Lasciando, apparentemente, la sindaca Virginia Raggi un pò più sola.
È Di Maio, in particolare, a mettere in chiaro come sia stato lui stesso ad incontrare Marra invitandolo ad allontanarsi dal Campidoglio. E la sua difesa arriva proprio dal blog di Beppe Grillo, segno che il candidato premier in pectore può contare ancora sulla blindatura dei vertici del movimento. Del resto, nella scelta di Grillo e Davide Casaleggio di dare, per così dire, un'ultima chance a Raggi, c'è anche la considerazione che una rottura plateale avrebbe, forse irreversibilmente, indebolito il responsabile enti locali di fronte al Movimento. Anche perch* non è un mistero che Di Maio non goda dell'appoggio dell'intero gruppo parlamentare dove forte è la presenza di chi vede nell'ala più intransigente guidata da Roberto Fico la sua stella polare.
Ed è proprio agli ortodossi che Di Maio pare rivolgersi sottolineando come su Marra non ci sia "mai stata sponda da parte di alcuno. Se ne doveva andare e, con cortesia, glielo dissi in faccia". Per dimostrarlo, Di Maio rivela un incontro a Montecitorio ("di cui Casaleggio e Grillo erano al corrente") proprio con Marra in cui - rac conta - "gli riportai che il Movimento non aveva fiducia in lui e che quindi non era il caso che facesse parte del gabinetto del sindaco".
Parole che arrivano una manciata di minuti dopo il video con cui, su Facebook, anche il "Dibba" rompe il suo silenzio. "Avevo bisogno di riflettere", si giustifica Di Battista aprendo uno squarcio in uno dei pilastri del M5S: "A volte siamo ingenui, sì. A volte onestà e ingenuità camminano assieme".
Per gli ortodossi, invece non è giorno di dichiarazioni. Ed è un silenzio che fa rumore e che, forse, segnala anche l'insoddisfazione di qualcuno per non aver preso decisioni ancor più dure su Roma. Nè Fico nè Roberta Lombardi, ad esempio, condividono su Fb il post del blog di sostegno a Raggi. Mentre Morra, torna ad attaccare - senza citare nessuno - la deriva protagonistica nel M5S. "Il Movimento è metodo, quando si gioca in squadra e si è bomber ci si può illudere di essere più bravi. Ma è un illusione".
Grillo e Casaleggio, intanto, corrono ai ripari per respingere ulteriori tempeste su Raggi: a breve sarà varato un codice etico "ex novo" che dovrebbe salvaguardare, magari con la sospensione, chi è indagato. Una modifica che sembra guardare proprio alla sindaca di Roma, vista la crescente preoccupazione dei vertici per un avviso di garanzia a lei diretto. Secondo l'attuale codice di comportamento con una simile eventualità sarebbero i garanti o la Rete a esprimersi e l'eletto coinvolto avrebbe "l'impegno etico" di dimettersi. Ma il nuovo codice etico servirà ai vertici anche a placare l'ira di chi li accusa di usare pesi e misure diverse. A cominciare da Riccardo Nuti, uno dei due deputati sospesi per il caso delle firme di Palermo. Quel Nuti che, nel pieno della tempesta Marra, rimanda via Facebook al codice dei parlamentari dove solo la condanna in primo grado obbliga il portavoce M5S alle dimissioni.
Sui rapporti tra Marra e Raggi si sofferma in un'intervista al Corriere della Sera Rodolfo Murra, ex capo dell'Avvocatura capitolina tra i testimoni chiave dell'inchiesta sulle nomine al Comune di Roma.
"Virginia Raggi - dice -frequentava Raffaele Marra ben prima dell'inizio della campagna elettorale. Me lo raccontò Marra spiegando che lei, Salvatore Romeo e Daniele Frongia volevano vincere e lo avevano reclutato come punto di riferimento in Campidoglio. Lui poi ha preso il potere pieno e noi abbiamo sempre pensato che alla base di tutto ci potesse essere un ricatto. Era interlocutore dei costruttori e aveva legami con la destra romana".
"Si può dire - prosegue Murra - che nella stanza della sindaca c'erano sempre Marra e Romeo. E naturalmente Frongia. Loro contro tutti. Frongia è il migliore perché comunque ha metodi civili e dedica ascolto alle persone. Gli altri due sono arroganti e volgari, ma la sindaca li ha sempre appoggiati. Parlare da soli con lei non era possibile. Se le chiedevo chiarimenti oppure opinioni sulle questioni mi rispondeva: 'Ne parli con Marra, si rivolga a Marrà". Romeo "impartiva ordini. La premessa era sempre: 'Vengo a nome di Virginià". Un ridimensionamento di Romeo e Frongia? "È una farsa. Senza di loro la sindaca non può far niente". Intervistato anche dal Messaggero, Murra sottolinea che Raffaele Marra non era "uno dei 23mila lavoratori comunali".
"Questa è una menzogna a cui non credono neanche i grillini più accaniti", dice. "Marra era l'alter ego di Virginia Raggi. E il suo rapporto stretto con la sindaca lo conoscono tutti in Campidoglio", conclude murra.