Oxfam, nel mondo in 815 milioni senza cibo, 1 su 4 bambini
Nel mondo 815 milioni di persone, di cui 200 milioni bambini e bambine sotto i 5 anni, soffrono la fame: sono vittime della carenza di cibo e dei nutrienti fondamentali per la loro crescita, e in moltissimi casi nati da madri denutrite. Lo rileva "Lo scempio della fame", il rapporto di Oxfam sulle più gravi crisi alimentari nel mondo, con centinaia di migliaia di famiglie ridotte ad avere poco o niente di cui vivere, e che in occasione del Natale lancia "Quanto è grande la tua tavola?", una campagna di raccolta fondi per garantire l'accesso al cibo alle popolazioni colpite dalle più gravi crisi umanitarie e carestie.
Per Oxfam si tratta di "un'emergenza senza precedenti, che sta colpendo soprattutto l'Africa orientale, lo Yemen e la Nigeria nord-orientale: solo in Yemen, a causa del conflitto in corso, oltre 17 milioni di persone, tra cui circa 400mila bambini, soffrono di malnutrizione. Così per metà della popolazione colpita dalla guerra in Sud Sudan e per circa 5 milioni di persone nella Nigeria, infestata dal conflitto con Boko Haram. Tra le cause - spiega Oxfam - oltre la guerra anche i cambiamenti climatici, che hanno provocato lunghe e durissime siccità in paesi come l'Etiopia con raccolti persi e allevamenti decimati e dove ora 12,5 milioni di persone sono senza cibo.
"Oltre la metà delle persone che soffrono la fame, vive in zone colpite da conflitti e il 56% in zone rurali, dove i mezzi di sostentamento dipendono prevalentemente da agricoltura e allevamento" ribadisce Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia. "In queste aree di crisi dove Oxfam è al lavoro ogni giorno - spiega -, intervenire per garantire l'accesso al cibo e un riparo o i mezzi e la formazione necessari per resistere a eventi climatici sempre più estremi e imprevedibili, può fare la differenza tra la vita e la morte per migliaia di famiglie. A oggi - conclude - abbiamo raggiunto oltre 5 milioni di persone in alcuni dei paesi colpiti dalle più gravi crisi alimentari del pianeta, ma possiamo fare di più".