Ianeselli dice no al centrosinistra Critica i dem e protegge il sindacato
Non sarà Franco Ianeselli il candidato presidente di quel che resta del centrosinistra. Il segretario della Cgil, evocato anche se mai nominato martedì sera in occasione dell’assemblea del Pd come possibile figura unitaria da proporre al tavolo, si è detto indisponibile. Lo ha fatto con una lettera aperta postata ieri pomeriggio su Facebook. Due sostanzialmente le ragioni che lo hanno spinto al rifiuto: la convinzione che la linea della discontinuità sposata dal Pd sia stato un errore e il timore di coinvolgere il sindacato in una «spirale autodistruttiva».
Il nome di Ianeselli era già emerso qualche mese fa, all’indomani della Caporetto elettorale delle politiche, ma l’idea era stata soffocata dalle indecisioni dei democratici. Oggi il tentativo di rilanciarlo risulta tardivo. «Nei giorni scorsi - scrive il sindacalista - ho ricevuto diverse richieste da attivisti di base, da cittadini preoccupati e da esponenti politici, per una disponibilità a candidarmi. Di solito si dice “non me lo aspettavo”. In realtà pensavo che queste forti sollecitazioni sarebbero arrivate». Ma sono appunto tardive, e qui arriva l’affondo nei confronti della coalizione che pure Ianeselli spera ancora possa avere un ruolo di governo. «La spirale autodistruttiva costruita dai protagonisti del centrosinistra autonomista vecchi, nuovi o sedicenti tali sembra davvero inarrestabile. E mi pare importante che si stia creando un movimento composito che cerca disperatamente di riconnettere, di ritrovare qualche spiraglio di dialogo tra partiti e culture che hanno governato la comunità trentina in questi anni difficili». Ianeselli conferma comunque i suoi sentimenti di appartenenza e vicinanza al centrosinistra e assicura la volontà di dare il suo contributo «alle condizioni e nei limiti concessi dal ruolo» che ricopre nel sindacato. Ma non come candidato presidente: «Oggi - scrive - non me la sento e non posso. Non me la sento. Perché mi trovo in dissenso con la linea che è prevalsa per pochi voti nel Partito Democratico del Trentino, che ha portato alla rapida dissoluzione della coalizione di centrosinistra autonomista. Le maggioranze si rispettano e chi vince si deve assumere le responsabilità delle decisioni prese. Non posso. Perché vedo grande come una casa il rischio che questa spirale autodistruttiva arrivi a contaminare anche la Cgil».
Dispiaciuta per le parole di Ianeselli l’assessora provinciale dem all’Università Sara Ferrari è invece convinta che il «percorso di innovazione e rinnovamento» all’interno di una coalizione magari allargata ai civici avviato dal Pd abbia ancora possibilità di successo. Anche dopo le parole di netta chiusura alle vecchie sigle di partito pronunciate da Francesco Valduga: «Il fatto che i civici abbiano indicato Daldoss come candidato presidente, persona che ha sempre fatto parte della nostra coalizione, lo considero un segnale per una scelta di campo. Valduga non ama i simboli dei partiti? Ma non è su quelli che ci si allea ma su valori. Io credo ancora nella possibilità di un dialogo fruttuoso e utile per una alleanza allargata».
Una speranza che non ha completamente perso neanche l’Upt, o almeno la parte rappresentata da Vittorio Fravezzi . «Ritenere si essere autosufficienti da parte dei Civici - dice - mi sembra un po’ velleitario. Noi abbiamo il mandato di ricercare un’alleanza allargata che dovrebbe essere fatta sulle grandi questioni di contenuto, con il contributo di tutti, compresi i partiti che hanno una grande storia e tradizione alle spalle. Non credo che in questa fase sia questo il problema». Quanto alla possibilità che una parte del suo partito decida alla fine di lasciare il centrosinistra autonomista per unirsi con Valduga & C. l’ex senatore è convinto che non sia un pericolo reale: «Noi ci chiamiamo Unione e abbiamo cercato in tutti questi mesi di allargare il significato di questo vocabolo in senso complessivo. Abbiamo il mandato per perseguire questo allargamento e non credo che oggi fughe solitarie siano sensate. Abbiamo sempre detto che bisognava partire da quanto c’era per creare qualcosa di nuovo». Anche la scelta del Patt di chiudere i ponti dopo il «no» alla riconferma di Rossi non va considerata secondo Fravezzi irreversibile: «È giusto che le singole forze avanzino i loro nomi, anche come possibile soluzione di mediazione. L’importante è che non prevalga la logica delle pregiudiziali, che rischiano solo di portarci in un vicolo cieco».