Usa, preso l'Unabomber dei pacchi
Preso l’Unabomber. L’America tira un sospiro di sollievo dopo che altri pacchi bomba intercettati oggi avevano aumentato l’allarme in tutto il Paese, a meno di due settimane dalle elezioni di Midterm.
Nel giro di 48 ore l’Fbi ha arrestato quello che per adesso è considerato il principale sospettato, incastrato pare da tracce di Dna lasciate sui pacchi: è un uomo bianco di 56 anni, Cesar Sayoc, nato a New York, dove ha conservato vari legami, ma residente ad Aventura, a qualche decina di chilometri da Miami, Florida, da dove sono stati spediti molti dei pacchi. Negli ultimi documenti si definiva manager ma la sua attività non è nota. Ha alle spalle una storia piena di precedenti penali e arresti, non solo per furto, frode e droga ma anche per una minaccia bomba nel 2002. Risulta registrato come repubblicano.
Gli agenti lo hanno arrestato in un’officina e hanno sequestrato il suo furgone tappezzato di foto di Trump, simboli della presidenza Usa, bandiere americane e un adesivo offensivo verso la Cnn, destinataria di due pacchi esplosivi e uno dei bersagli preferiti del tycoon, come tutti quelli cui erano indirizzati gli ordigni sospetti per posta: da Barack Obama a Hillary Clinton, dall’ex capo della Cia John Brennan al premio Oscar Robert De Niro.
Circostanze imbarazzanti per il presidente, che poche ore prima dell’arresto sembrava aver abbracciato la teoria cospirativa alimentata da opinionisti di destra, secondo cui si trattava di «bombe false» e di una campagna democratica per sabotare il Grand Old Party.
«I repubblicani stanno facendo così bene nel voto anticipato e nei sondaggi, ed ora accade questa cosa della ‘Bombà e il momento favorevole frena. Le notizie ora non parlano di politica. Molto spiacevole quello che sta succedendo. Repubblicani, uscite e votate!», aveva twittato.
Dopo la svolta però, Trump è stato costretto a correggere il tiro. «Li perseguiremo, lui, lei, chiunque possa essere, con la massima severità prevista dalla legge», ha promesso alla Casa Bianca, ringraziando l’Fbi per il lavoro «incredibile» e «rapido».
«Non consentiremo mai che la violenza politica si radichi in America e sono impegnato a fare tutto ciò che è in mio potere come presidente per fermarla, e per fermarla ora», ha aggiunto, rilanciando la necessità di unire il Paese. Ma è lo stesso refrain che ripete da giorni, salvo poi smentirsi su Twitter e nei comizi, attaccando violentemente i suoi oppositori e i media.
Da accertare ancora se l’arrestato è un «lone wolf», un lupo solitario che ha agito da solo, come pare, o se abbia dei complici. Se però fosse confermato il suo profilo di supporter fanatico di Trump, democratici e media liberali avrebbero gioco facile a ribadire che la retorica incendiaria del tycoon può essere pericolosa.
L’arresto di Sayoc è arrivato poco dopo la scoperta di altri due pacchi bomba, uno in Florida per il senatore dem Cory Booker e l’altro a New York per l’ex capo della National Intelligence James Clapper, presso la redazione newyorchese della Cnn, di cui è spesso ospite. Entrambi sono voci critiche verso il tycoon. Un tredicesimo pacco sospetto è stato intercettato in California dopo l’arresto: destinatario Tom Steyer, donatore dei dem.