Salvini apre la crisi di governo

Dopo mesi di tweet e post, la certificazione della rottura è arrivata con un comunicato ufficiale che gli mancava solo la ceralacca. A metà pomeriggio, la Lega ha chiarito che fra gli alleati c’è una «irrimediabile distanza» e che «l’unica alternativa» all’esecutivo gialloverde sono «nuove elezioni».

La palla è quindi passata nelle mani di Giuseppe Conte, che in mattinata era salito al Colle per consultarsi con il Capo dello Stato e ribadire la sua volontà di di non dimettersi ed eventualmente di parlamentarizzare la crisi. Per tutta la giornata il premier non ha fatto dichiarazioni ufficiali. Ma qual è la strada maestra per arrivare al voto lo ha detto Salvini dopo averlo incontrato a Palazzo Chigi: «Andiamo subito in Parlamento per prendere atto che non c’è più una maggioranza, come risulta evidente dal voto sulla Tav, e restituiamo velocemente la parola agli elettori».

Se così sarà, «noi siamo pronti», ha detto il leader del M5s, Luigi Di Maio.

Insomma, Salvini ha scelto la meta. E Conte potrebbe aver indicato la strada, chiedendo di far arrivare la crisi in Parlamento, di non far cadere il governo via comunicato, ma per un voto di sfiducia in Aula. Ora spetta al Quirinale gestire le prossime mosse di questa complessa partita a scacchi, che si apre pochi giorni dopo la chiusura di Camera e Senato per la pausa estiva. «Se riapriamo le Camere per la parlamentarizzazione» della crisi, ha avvertito Di Maio, «cogliamo l’opportunità di anticipare anche il voto» sul taglio dei parlamentari«.

La giornata è stata un susseguirsi di incontri e vertici.

Luigi Di Maio ha convocato i suoi capigruppo. Il Presidente della Camera Roberto Fico è salito al Colle. Ma i vertici più significativi sono stati quelli della mattina, al Quirinale, fra il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il premier Giuseppe Conte, e quello del pomeriggio, a Palazzo Chigi, fra Salvini e il presidente del Consiglio. La scansione temporale fa pensare che il secondo sia stato la conseguenza dell’esito del primo. Dopo l’incontro al Colle, Conte ha ostentato tranquillità, tornando a Palazzo Chigi a piedi. Poi è stato fatto filtrare che si era trattato di «un colloquio informativo» in cui non si era parlato di «crisi e tantomeno di dimissioni».

La visita a palazzo Chigi sembra quindi essere servita a Salvini per dire chiaro a Conte cosa la Lega si aspetti da lui. Cioè, che metta il Paese in condizione di andare al voto. La Lega non è infatti parsa intenzionata a trovare una formula diversa per costringere Conte a fare le valigie. Un modo sarebbe stato ritirare i ministri. Ma quando sono cominciate a circolare indiscrezioni di quel tipo, via Bellerio le ha smentite, aggiungendo che Matteo Salvini non aveva chiesto le dimissioni del premier.

Insomma col passare delle ore il quadro si è un pò chiarito, ma ancora non è del tutto chiaro. Anche perché, la partita ha un altro protagonista, il Movimento Cinque Stelle. Anche se, dopo il voto alle Europee, il pallino dei giochi di governo non è nelle mani dei pentastellati. Davanti alle ultime uscite di Salvini, anche i Cinque Stelle sono tornati a marcare la posizione. «I giochini di palazzo non ci sono mai piaciuti», ha detto Luigi Di Maio. E un governo tecnico sarebbe «una follia».
In serata, Di Maio ha provato ad apparire sereno: «Giornata difficile? »Ma no, io sono tranquillo e sono al lavoro», ha provato a smorzare il leader Cinque Stelle in serata.

A rendere tutto un po’ più complesso, a complicare un po’ i rapporti fra i protagonisti del risiko, ci sono state le «rilevanti perplessità» messe nero su bianco dal Presidente Mattarella in una lettera inviata ai presidenti delle Camere insieme alla promulgazione del decreto “simbolo” della Lega, il Sicurezza Bis. Il Colle ha rimesso «alla valutazione del Parlamento e del Governo l’individuazione dei modi e dei tempi di un intervento normativo sulla disciplina». Ci penseranno i prossimi.

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