Crisi, partite le consultazioni Mattarella vuole fare presto prove di dialogo fra M5S e PD
Tempi stretti sia per un nuovo governo sia per il ritorno al voto. Colle in pressing sulle forze politiche con l’obiettivo di salvaguardare l’Italia da attacchi speculativi e cercare di evitare l’esercizio provvisorio. Sergio Mattarella questa volta non seguirà lo schema del 2018 permettendo esplorazioni e maturazioni di quadri politici a ritmi caraibici. Anche perchè oggi è già tutto chiaro. Entro domani il Quirinale intende accertare senza sfumature se c’è una maggioranza che non vuole andare al voto.
Visto che Nicola Zingaretti si è già espresso con chiarezza toccherà a Luigi Di Maio domani sciogliere la riserva. E lo dovrà fare sia all’interno dello studio «alla vetrata» che all’esterno spiegando la linea agli italiani.
Mentre la Direzione PD riunita ieri sera ha dato il via libera al segretario per iniziare le trattative verso un governo PD-5 Stelle.
Ma il pressing di Mattarella non è solo sui tempi. Il Presidente non si schiera tra chi vuole un nuovo Governo e chi invece vuole le elezioni. Un atteggiamento notarile, ma molto determinato. Dato per scontato che in questa prima fase il suo compito - lo ha detto con chiarezza ai presidenti delle Camere e ai Gruppi che ha incontrato oggi - è quello di registrare la volontà del Parlamento, Mattarella ha spiegato che bisogna fare presto perchè l’Italia ha bisogno di un Governo in carica con una unità di vedute e di intenti.
Un Governo deve formarsi quindi in tempi brevi. E non deve essere un governicchio o un esecutivo con la data di scadenza incorporata. Mattarella ha fatto presente che un nuovo governo non può e non deve essere un Governo contro le elezioni, ma un esecutivo saldo, con una maggioranza politica certificata e, soprattutto, con un programma di respiro per la legislatura.
Ecco perchè questa volta il presidente non intende giocare la carta del mandato esplorativo ma punta ad una road map ben precisa. Già domani scarterà uno dei due percorsi. Se domani il gruppo Cinque stelle dirà con chiarezza che è finita l’esperienza con la Lega e che intende provare la strada di un nuovo governo con il Pd, allora Mattarella convocherà un secondo giro di consultazioni prevedibilmente all’inizio della settimana prossima. Tempo per permettere a Pd e Cinque stelle di avvicinarsi e soprattutto di trovare un nome di un presidente che Mattarella incaricherà. Solo dopo aver ottenuto il nome del possibile futuro presidente del Consiglio il capo dello Stato potrebbe concedere altro tempo per limare i dettagli dell’accordo.
Se certificherà invece una maggioranza propensa alle elezioni anticipate ne prenderà atto e, in pochissimi giorni, costruirà un governo di garanzia per gestire il percorso elettorale.
Governo che sarà mandato alle Camere per prendere la sfiducia e rimanere in carica per gli affari correnti. guardare con una certa nostalgia al forno leghista. Ma i giochi sono chiusi. E li ha chiusi ieri, autonomamente dal M5S, Giuseppe Conte.
Il PD verso i 5 Stelle. Uscito di scena Giuseppe Conte e messo all’angolo Matteo Salvini, il Pd fa la prima mossa per avviare la trattativa. Ed è una mossa pesante che fa capire quanto potrebbe essere complicata la mediazione per un’intesa con i Cinque stelle. Obiettivo unico, un governo di legislatura. Altrimenti si torna al voto.
Riunito per un’ora al Nazareno, il partito affida al suo leader il mandato a negoziare: sarà Nicola Zingaretti a verificare se ci sono le condizioni per «un governo di svolta» e in «discontinuità» col precedente. A sancirlo, un voto per acclamazione e all’unanimità espresso dalla direzione, come non succedeva da sei anni. Ma perchè ci sia discontinuità, non deve esserci Conte. «Non vogliamo e non possiamo entrare in un governo che propone il Conte bis», assicura Zingaretti. E alza la posta: «Bisogna dare vita a nuovo governo cioè una nuova squadra, però unito intorno al programma». Aggiunge perentorio: «No ad accordicchi sotto banco». Ma si sfila dalla corsa perchè ha già «due impegni gravosi e li mantengo», assicura sgombrando il campo di una sua candidatura diretta a palazzo Chigi.
La novità arriva nel giorno in cui al Quirinale iniziano le consultazioni. Nel pomeriggio a colloquio con il capo dello Stato, sono i presidenti di Camera e Senato, il gruppo delle Autonomie e il Misto. Tra 24 ore toccherà ai big. Pronti a un nuovo governo entrambi i gruppi parlamentari. Ma le Autonomie dicono sì a un secondo mandato di Conte, con una maggioranza M5s-Pd, mentre gli altri chiedono un «esecutivo politico e non di transizione», precisano i senatori Pietro Grasso, Loredana De Petris ed Emma Bonino, convinti che «ci possono essere le condizioni, se noi, M5s, Pd si fa uno sforzo» per superare l’esperienza gialloverde.
Nel frattempo continuano e si rafforzano le telefonate e i contatti tra i Dem e gli uomini di Luigi Di Maio. Non lo nega Graziano Delrio: «È chiaro che ci sono dei contatti. Io non sono abituato a dire bugie, sono cose molto all’ordine del giorno», ammette il capogruppo Pd alla Camera, a Skytg24. Nel Movimento bocche cucite, mentre proseguono gli incontri interni. A Montecitorio prima il faccia a faccia del capo politico con i due capigruppo di Camera e Senato, poi con quelli delle commissioni. Il M5s quindi rimanda le parole a domani, dopo le consultazioni. Silenzio pure sul veto di Zingaretti sull’avvocato del popolo. Solo il sottosegretario Stefano Buffagni interviene e sembra sminuire il ‘niet’: «Beh, 20 giorni fa Zingaretti aveva detto no ai 5S..», si limita a dire. Di certo al Nazareno le idee sembrano chiare e tutti ricompattati attorno al segretario. È un Zingaretti sorridente che parla a fine direzione: «Sono molto contento e molto soddisfatto per il livello di unità e compattezza che abbiamo trovato», è la sua premessa. Poi insiste sui 5 punti programmatici: tanti quelli elencati nella sua relazione, intesi come i paletti che i Dem fissano in vista di un governo giallorosso. Ossia appartenenza leale all’Unione europea, centralità del Parlamento, sostenibilità ambientale, cambio nelle politiche migratorie, svolta delle ricette economiche e sociali. Sulle proposte i 5S fanno sapere che sono molto generiche e sembrano quasi prese da un manifesto dei 5 Stelle.
Nel giorno in cui il Pd gongola per avere ora «il pallino in mano», Salvini attacca l’inciucio Pd-M5s: «Sono passati in una settimana dalla Lega a Renzi...Che stomaco che hanno!». Ma poi rilancia sulla manovra anche per segnare la differenza con i due forse futuri alleati: «Gli altri in queste ore parlano di posti, di poltrone. Noi di manovra, di come tagliare le tasse e aiutare gli italiani». E sulla legge di bilancio aggiunge: «L’abbiamo pronta, una manovra da 50 miliardi», annuncia sotto il sole dell’una davanti a Montecitorio. Tutt’intorno, alcuni parlamentari della Lega e anche il numero due Giorgetti. Una piccola claque che si chiude con un siparietto con il sottosegretario per mostrare, a favore di telecamere, che tra i due pace è fatta ed è stato solo «un polverone».