Tampone positivo, Luca Zeni replica alle critiche sul comportamento in attesa del referto «Test per scrupolo, non ero ritenuto a rischio»
Risultato positivo al coronavirus, il consigliere provinciale ed ex assessore alla salute Luca Zeni (Pd) replica con una lunga nota alle polemiche e alle accuse nei suoi riguardi per come si è comportato nei giorni di attesa dell'esito del test.
Lunedì scorso Zeni è risultato positivo al tampone effettuato venerdì ed è in quarantena con la sua famiglia. Il politico è asintomatico ma il suo medico gli aveva consigliato di fare il tampone, data la presenza di un po' di stanchezza.
Soprattutto dalla Lega sono arrivate critiche alla scelta di andare comunque domenica in pizzeria con la famiglia e lunedì mattina - prima di conoscere il referto diagnostico - negli studi di una tv per partecipare a una trasmissione.
Ancorché formalmente Zeni non avesse alcun obbligo di autoisolarsi, trattandosi solo di un test precauzionale, in assenza di sintomi, chi lo critica parla di «superficialità» e di «comportamento non responsabile».
Ecco la replica e i chiarimenti che ci ha inviato Luca Zeni
«Bollettino covid.
- dopo aver ricostruito la lista dei miei contatti delle ultime settimane con l’Apss, sembra che gli incontri da considerare “a rischio” non sono stati fortunatamente molti, e soprattutto nessuno con persone anziane. L’abitudine che ho di indossare sempre la mascherina e cercare di mantenere distanze congrue sia all’interno che all’esterno, ha ridotto molto il rischio di contagio;
- il mio scrupolo di aver contattato il medico nonostante non avessi tipici sintomi covid, e la decisione di fare comunque un tampone in una situazione dove in altri casi probabilmente non sarebbe stato svolto, ha consentito di intervenire sulla rete dei contatti e monitorare la situazione, e di questo sono contento;
- il consiglio provinciale ha discusso sull’opportunità di incontrarsi in seduta in presenza o in collegamento, dopo la notizia della mia positività.
Confesso una certa perplessità sul dibattito in corso. L’analisi svolta con l’Apss non ha riscontrato contatti da considerare a rischio con consiglieri nelle ultime settimane. Con 31 su 34 non ho avuto occasioni di incontro, se non in videoconferenza, con i colleghi di gruppo le modalità e i tempi di incontro non sono stati considerati a rischio. Come per ogni altro luogo di lavoro, non si dovrebbero valutare queste situazioni secondo emotività, bensì secondo procedure convalidate, concordando con l’Apss. Quindi è stata corretta la decisione del presidente Kaswalder di svolgere normalmente il consiglio, secondo protocolli di sicurezza che devono prescindere dal mio caso, ma che devono basarsi sul fatto che chiunque potrebbe essere positivo.
Diversa è una discussione generale che parta dall’andamento dell’epidemia, e quindi che si preveda la possibilità di utilizzare strumenti digitali per consentire la partecipazione da remoto ai consigli in futuro, a seconda della valutazione di contesto;
- essendo politicamente esposto, purtroppo ora c’è chi prova a fare polemica sul fatto che tra il tampone (venerdi) e l’esito (lunedì) non sono rimasto in totale isolamento, provando a dipingermi come un untore.
Il paradosso è che la polemica arriva dal partito del politico più criticato a livello nazionale per lo scarso rispetto delle regole sul covid, partito che governa la Provincia e decide le regole di condotta (correte in questo caso) ed i protocolli sul covid.
Con il senno di poi, è facile giudicare, ma la valutazione andrebbe fatta secondo le condizioni ex ante, non ex post. Se si vuole affrontare con un’ottica generale la questione, ricordo che anche quella fase sottostà ad una valutazione clinica che considera tutto il contesto.
Non tutte le richieste di tampone sono uguali, ci sono casi molto diversi: si va dal sintomatico che ha avuto contatto a rischio con un positivo, e allora subito è ritenuto soggetto ad alto rischio con obbligo di isolamento, fino a chi fa tamponi ciclici per prevenzione, e nel frattempo può proseguire con la sua vita normalmente.
Il mio caso era considerato assolutamente a basso rischio, senza contatti con positivi e senza sintomi covid (il mio problema era che avevo corso 20 km in 1h22’ invece che in 1h18’... nei libri di medicina non è considerato un problema di salute molto rilevante..), con la condivisione di fare un tampone per evitare ogni dubbio e per scrupolo, avendo un’attività che comporta molte possibilità di incontro tra persone, prima di procedere con altri esami di controllo di routine per gli atleti. Un altra persona in questa situazione di solito non fa un tampone e prosegue la sua vita.
Per questo, al di là di non aver avuto indicazioni di isolamento, non mi sono preoccupato più del solito: non avevo alcun sintomo e dopo il confronto col medico ero tranquillo e consapevole di essere stato semplicemente molto scrupoloso nel fare un tampone che per maggior parte dei casi non sarebbe stato nemmeno eseguito.
Quindi ho cercato di proseguire con la massima attenzione nei comportanti individuali, come faccio sempre. E per questo risultano fortunatamente molto limitati i casi di miei contatti giudicati a rischio, sia prima che dopo il tampone.
Chi critica deve però essere coerente a livello generale e spiegare in cosa non concorda con i protocolli dell’Apss stabiliti secondo le direttive della giunta provinciale.
Personalmente condivido l’equilibrio trovato, tra necessità di far proseguire la vita delle persone e di monitorare e circoscrivere più possibile il contagio. L’alternativa di un automatismo di isolamento in attesa di esito di tampone (che per il 98% dei casi risulta negativo), comporterebbe un forte disagio generale e scoraggerebbe la richiesta stessa di tamponi; tra l’altro proprio i contatti più a ridosso dell’esito del tampone sono quelli più monitorabili e meno problematici da gestire per la diffusione del contagio. Per questo non esistono automatismi sugli isolamenti, ma valutazioni concrete, e condivido l’impostazione della giunta provinciale, criticata da alcuni esponenti leghisti.
- Ad esempio la consigliera Dalzocchio che era con me in una trasmissione televisiva, seduta a diversi metri di distanza, dal punto di vista dell’Apss non è considerata un mio contatto. La sua scelta di non partecipare al consiglio provinciale di ieri (peraltro dopo aver comunque partecipato ad altre riunioni) per “precauzione” e la scelta di farsi un tampone, è contrastante con ogni indicazione prevista. Se per emotività e maggior tranquillità personale si vuole fare un tampone privatamente, ognuno può fare quanto ritiene.
Ma se lo si comunica pubblicamente per provare a strumentalizzare la cosa politicamente, bisogna stare attenti a non far passare il messaggio che chiunque sia stato alle distanze previste dalle disposizioni provinciali da un positivo sia a rischio contagio e debba adottare misure restrittive.
E ancora più scorretto è far passare il messaggio che fare un tampone uno o due giorni dopo un contatto considerato a rischio risolva il problema, perché anche in caso di negatività, la malattia potrebbe insorgere successivamente: non per niente la quarantena prevista di solito è 14 giorni. E se quel tampone fosse positivo (cosa possibilissima, se tutti si tamponassero probabilmente la percentuale di positivi sarebbe molto più alta di quanto immaginiamo), tecnicamente è da escludere che sarebbe stata contagiata da un contatto così recente nel tempo.
Quindi delle due l’una: o sono corretti i protocolli dell’Apss secondo le indicazioni della giunta provinciale e la consigliera Dalzocchio, per essere stata alle distanze previste da un positivo non è a rischio (per quello specifico incontro, non in generale: è comunque persona esposta a molti incontri) e può proseguire come sempre, o al contrario ha ragione lei, è a rischio, e allora il tampone deve farlo al termine di 14 giorni di isolamento, e deve chiedere al presidente della giunta provinciale di rivedere le dispozioni sulla sicurezza previste per i luoghi di lavoro e che sono state rispettate dall’emittente televisiva interessata.
Concludo quindi con un generale invito a entrare nel merito delle questioni, perché esistono procedere frutto di grande approfondimento tecnico e professionalità. Ringrazio a questo proposito l’ottimo dipartimento di prevenzione dell’Apss che sta svolgendo un enorme lavoro in questo periodo.
Un impegno trasversale della politica, invece di cercare pretesti per fare polemiche, potrebbe essere quello di chiedere un maggiore sostegno in termini di risorse, soprattutto umane, per consentire la massima capillarità e tempestività nel lavoro di tamponatura (o di analisi con i metodi rapidi che si spera possano essere presto utilizzati diffusamente), di valutazione e di contatto delle persone a rischio».