Era di origini trentine una delle vittime della strage nel Canavese: Liliana Heidempergher aveva 70 anni
La donna è stata uccisa con il marito dall'inquilino che poco prima aveva fatto fuoco su moglie e figlia. Le prime parole della figlia dei coniugi assassinati: "Mamma e papà vittime di una persona che avevano sempre aiutato"
LA DISPERAZIONE «Come farò a spiegare a mia figlia che i suoi nonni non ci sono più?»
TRENTO. Era di origini trentine Liliana Heidempergher, una delle vittime della strage di ieri, in un condominio di Rivarolo, nel Canavese, in provincia di Torino.
L'omicida, Enzo Tarabella, ha ucciso a colpi di pistola la moglie e il figlio e quindi si è recato nell'appartamento dei proprietari di casa, colpendo a morte Liliana Heidempergher, 70 anni (nella foto piccola), e suo marito Osvaldo Dighera, 74 anni.
Fin da giovane Liliana Heidempergher aveva lasciato il Trentino, perché il padre, carabiniere, era stato trasferito in Piemonte.
Una vita, quindi, nel Canavese, dove la donna era da poco anche diventata nonna. Una serenità che disturbava l'inquilino Tarabella, da 15 anni in quell'appartamento, una persona che già in passato avrebbe dato segni comportamentali poco rassicuranti.
"Mia mamma aveva il presentimento che, prima o poi, con quella pistola, avrebbe combinato un guaio - ha raccontato ai carabinieri la figlia dei coniugi Dighera, Francesca - e mio papà, invece, sempre comprensivo e pronto a dare una mano, non lo riteneva possibile. Forse anche per questo, quando è andato nell'alloggio di sotto, non ha neanche lontanamente immaginato quello che stava per succedere. Mamma e papà sono stati uccisi da una persona che avevano sempre aiutato".
Intervistata dal Corriere della Sera, la figlia dei coniugi uccisi ipotizza che il gesto di follia del vicino di casa sia stato dettato da una forma di rancore: «Penso solo possa essere stata una gelosia. So che ha lasciato dei biglietti. Voglio sapere che cosa ha scritto».
La donna ipotizza che a minare l'equilibrio mentale dell'omicida possa essere stato, in particolare, il venir meno del supporto che per anni Liliana Heidempergher e Osvaldo Dighera avevano assicurato ai loro inquilini, prendendosi cura del figlio disabile.
Poi, due anni fa, con la nascita della loro nipote, Caterina, i coniugi Dighera avevano dovuto dedicare gran parte del tempo a lei.
«Come farò a spiegare a mia figlia Caterina che i suoi nonni non ci sono più? Ha solo due anni», dice disperata la figlia Francesca.
Ora l'omicida si trova in ospedale in rianimazione: quando sono arrivati i carabinieri, infatti, ha rivolto la pistola verso se stesso e ha fatto fuoco.
Enzo Tarabella ha lasciato dei biglietti scritti di suo pugno nei quali spiegherebbe che cosa lo ha spinto a uccidere la moglie, Maria Grazia Valovatto, 79 anni, e il figlio Wilson, disabile psichiatrico di 51 anni e i padroni di casa.
Dopo gli omicidi, l'anziano ha 'vegliato' i cadaveri per sette ore fino all'arrivo dei carabinieri, quando ha rivolto l'arma contro se stesso, sparandosi al volto.
Renzo Tarabella, 83 anni, ha fatto una strage in un alloggio di Rivarolo Canavese, una cittadina a mezz'ora d'auto da Torino.
Ora è ricoverato al San Giovanni Bosco di Torino, in prognosi riservata, intubato e sedato dopo l'intervento chirurgico al quale è stato sottoposto.
Ma non avrebbe subito lesioni a organi vitali.
Gli investigatori mantengono il riserbo, ma il movente - al momento solo un'ipotesi - potrebbe trovarsi nel raffronto tra le condizioni difficili della sua famiglia con quella più felice dei suoi padroni di casa.
Il delitto si sarebbe consumato, tra le 19 e le 20.30 di ieri. Tarabella ha sparato prima contro la moglie e poi contro il figlio. Poi, forse con una scusa, ha fatto entrare in casa Osvaldo Dighera, proprietario dell'alloggio, e l'ha freddato con un colpo di pistola alla testa. Stessa sorte per la moglie, arrivata poco dopo.
I corpi sono stati ritrovati dai carabinieri in un'altra stanza, uno sopra l'altro. A dare l'allarme è stata la figlia dei Dighera che abita poco distante.
Alle 19.45 i genitori le hanno portato la spesa, poi sono rientrati verso corso Italia a piedi. Li ha visti un altro residente della palazzina, Emanuele Baldi: "Sono rientrati assieme - racconta - poi, poco dopo le 20, sono stato raggiunto in cantina dalla signora Liliana che cercava il marito e mi ha chiesto se era con me nei sotterranei".
Ed è allora che Liliana Heidempergher è andata incontro al proprio destino, suonando alla casa dell'affittuario.
La figlia dei Dighera ha chiamato il 112 dopo cena non avendo più risposta dai genitori.
Non è andata a controllare nell'alloggio affittato e, forse, questo le ha salvato la vita. Alle tre di notte, confermata la presenza dell'arma nell'alloggio di Tarabella, i carabinieri hanno fatto irruzione. In quel momento il pensionato si è sparato al volto. "Da tempo si era chiuso nel suo mondo - spiega il genero, Francesco Papa - era una persona autoritaria, non avevo più rapporti con lui già da mesi".
C'è forse un nesso tra la strage e l'esigenza di chiudersi a riccio: un anno fa, Tarabella aveva esautorato i servizi sociali dall'occuparsi del figlio disabile. "Analizzeremo i tabulati telefonici e in base ai risultati dell'autopsia avremo un quadro più preciso - conferma il procuratore capo di Ivrea, Giuseppe Ferrando - ci sono diversi aspetti che vanno chiariti, come il fatto che nessuno degli inquilini del palazzo ha sentito i colpi d'arma da fuoco". I carabinieri di Rivarolo, nell'alloggio, hanno trovato un biglietto scritto a mano da Tarabella.
La procura mantiene il massimo riserbo sul contenuto del messaggio che, secondo i primi riscontri, conterebbe una sorta di "giustificazione" per la strage. Il sospetto è che l'uomo possa aver covato una sorta di risentimento per la famiglia dei padroni di casa, confrontando la sua esistenza complicata con quella dei Dighera, da un paio d'anni diventati nonni e molto spesso impegnati nell'accudire la nipotina. Un risentimento enorme, tanto che avrebbe potuto premeditare la strage.