Kaswalder in visita al carcere di Spini, «vicinanza, solidarietà e tutto il sostegno possibile» dopo Capua a Vetere
Il presidente del Consiglio provinciale ricevuto dalla direttrice, che si divide su tre sedi e ha un personale insufficiente (mancano 63 addetti). E i reclusi? La situazione, i problemi e le criticità nella relazione del Garante
TRENTO. Oggi il presidente del Consiglio provinciale di Trento, Walter Kaswalder, si è recato nella casa circondariale di Spini di Gardolo per incontrare la direttrice Anna Rita Nuzzaci e la comandante di polizia penitenziaria Ilaria Lomartire.
Kaswalder - dice una nota dell’Ufficio Stampa del Consiglio Provinciale - ha voluto manifestare la vicinanza, la solidarietà e tutto il sostegno possibile dell'istituzione consiliare ai vertici dell'istituto detentivo, "in un momento decisamente complicato e poco felice per il mondo penitenziario".
La direttrice Nuzzaci, ha ringraziato per questo gesto non scontato e assieme alla comandante Lomartire ha descritto una situazione gestionale "tutt'altro che facile, caratterizzata dalla mancanza di ben 63 unità di personale".
Secondo la nota del Consiglio Provinciale sono 226 gli addetti in servizio, ma ci sono evidenti scoperture a tutti i livelli, fatta salva l'assistenza sanitaria, che grazie a una convenzione con l'Azienda sanitaria h24. Per il resto mancano poliziotti, servono educatori, mancano diverse figure professionali decisive in una struttura complessa come quella carceraria. Nel Triveneto sono incardinati solo 8 direttori per 16 istituti, mancano quindi anche figure apicali. A Spini - è stato detto - si lavora sodo, con massima dedizione, ma questa abnegazione non può bastare a ottimizzare il servizio.
Kaswalder ha detto che "la politica deve assumersi delle responsabilità, non può lasciare il comparto in perenne emergenza, perché poi le situazioni di stress possono degenerare" e ha garantito che scriverà alla delegazione parlamentare trentina, "per sollecitare un adeguato interessamento del ministero competente, dopo che alla Camera proprio l'altro ieri sul tema si è già espressa l'onorevole Rossini. Sarebbe opportuno partire dalla revisione della pianta organica, che purtroppo non appare adeguata alle reali necessità dell'istituto trentino".
Tra Nuzzaci e Kaswalder c'è stata intesa anche sul tentativo di individuare assieme una o più cooperative sociali cui indirizzare per un avviamento al lavoro alcuni detenuti in semilibertà. Il carcere cerca anche cooperative disposte a collaborare al corso di un anno e mezzo che si vuole proporre ai detenuti, per istruirli e formarli nel campo della coltivazione di orti e frutti.
Kaswalder porta «vicinanza» in un momento «complicato e poco felice». Ma non cita mai i fatti di Capua a Vetere. Nei giorni scorsi, in visita al carcere di Santa Maria Capua a Vetere – teatro di un premeditato pestaggio di massa dei detenuti, che vede decine di agenti penitenziari indagati – il primo ministro Draghi e la ministra degli Interni Cartabia hanno annunciato anche l’avvio di una indagine nazionale su altri episodi, andando a verificare la situazione dopo le rivolte in cercare che si sono verificate negli ultimi anni.
Chissà se fra le vicende che verranno rivalutate ci sarà anche quella del carcere di Trento, dove il 22 dicembre 2019 scoppiò una dura protesta dei prigionieri, culminata in incendi e vandalismi in una parte delle celle. La rivolta portò al trasferimento di 80 detenuti, 85 furono quelli indagati ma poi il rinvio a giudizio fu a carico di 30 di loro, imputati di gravi reati. Nessun giornalista si è poi curato di seguire i processi e le sentenze, e non si sa quanti poi siano stati effettivamente condannati.
Che cosa ha detto l’onorevole Emanuele Rossini? La parlamentare trentina in aula alla Camera ha rinnovato l’appello ad intervenire in ordine alla forte carenza di personale nella Casa circondariale di Trento. «La Ministra Cartabia – ha affermato - ha recepito con attenzione l’appello, grazie ad una positivo dialogo avvenuto nell’ambito di una Relazione della Guardiasigilli proprio sulla necessita di investire di più su personale, formazione e strutture penitenziarie nel nostro Paese dopo i fatti gravi di Capua Vetere».
«La situazione di un penitenziario medio piccolo come quello di Trento è evidenziata da una carenza di personale di 63 unità di polizia penitenziaria, di 2 funzionari contabili, di 3 funzionari giuridico pedagogici e, soprattutto, con una direttrice di Istituto che si divide su due carceri, Trento e Bolzano, con sostituzioni da fare ad agosto anche per coprire Belluno. Tutto ciò – ha detto Rossini nel suo intervento - incide pesantemente sul funzionamento e la qualità della vita di chi vi lavora e dei detenuti: per tutti va tutelata la dignità della persona se vogliamo che il carcere serva e sia un luogo dignitoso e sicuro di lavoro»,
L’appello della deputata Rossini è stato puntuale: «aumentare il numero dei posti per direttori di istituto (45 posti nel concorso di questi giorni) e far rientrare Trento e Bolzano tra le carceri che necessitano rapidamente di un incremento del personale interno, sia nell’area della sicurezza che educativo sanitario ed amministrativo»,
Un appello venuto pochi giorni dopo dalla presa di posizione della Cgil Funzione Pubblica del Trentino, che è scesa a Roma a manifestare «per chiedere assunzioni, sicurezza e contratti per la Polizia penitenziaria. "Le ragioni della manifestazione valgono naturalmente anche per il personale in servizio alla Casa circondariale di Spini di Gardolo, dove attualmente sono presenti in organico 163 agenti di Polizia penitenziaria a fronte dei 227 previsti», ha sottolineato il segretario Luigi Daspro.
Altro punto di massimo allarme, secondo il sindacato, sono le tensioni e le brutali aggressioni ai danni di alcuni poliziotti (l'ultima a Piacenza). «A Trento - osserva il delegato territoriale Gioacchino Ernandes - pur non registrando tali episodi di violenza riteniamo di assoluta urgenza monitorare e prevenire situazioni di particolari tensioni, intervenire sull'organizzazione, e ciò a partire appunto dall'adeguamento degli organici».
Il problema degli organici è ricordato anche nell’ultima relazione disponibile del Garante dei diritti dei detenuti, figura incardinata negli uffici del Consiglio Provinciale. E’ stato istituito nel 2017 ed ogni anno dispone un report e una relazione sulla situazione.
Nell’ultimo - redatto da Antonia Menghini -, che trovate qui sotto in forma di presentazione con slides, e poi nel testo integrale, sono però rilevate altre criticità: dal crescente numero di atti di autolesionismo, al disagio psichico.
Gli unici – oltre al Garante provinciale – a interessarsi del carcere di Trento e dei detenuti, negli anni successivi alla rivolta di fine 2019, sono stati gli anarchici. E la loro versione è ben più drammatica: nel 2020, da quando è iniziata la pandemia i detenuti delle carceri italiane hanno pagato un prezzo altissimo: 13 i detenuti morti durante le rivolte a marzo, in una sostanziale indifferenza dei media.
Già subito dopo i pestaggi di Santa Maria Capua a Vetere – rivelati grazie ai filmati delle telecamere di sicurezza e definiti da Draghi “la morte della democrazia” – gli anarchici italiani li avevano svelati in volantini e pubblicazioni web: «In seguito alle rivolte contro i detenuti ci furono feroci rappresaglie ad opera della polizia penitenziaria, come successo ad esempio nel carcere campano di Santa Maria Capua Vetere» scrivevano molti mesi fa.
La rivolta del 2019 è spesso ricordata nei loro comunicati: «Nel carcere di Spini di Gardolo, a Trento, negli ultimi anni non sono mancati i suicidi (nessuno però nell’ultimo anno e mezzo), i tentati suicidi, i casi di autolesionismo. Tutto ciò in una situazione in cui il consumo di psicofarmaci è quotidiano. Ricordiamo, come circa due anni fa, in seguito all’ennesimo suicidio i detenuti esasperati furono protagonisti di una rivolta per cui circa 80 di loro sono stati rinviati a giudizio».
Situazione dei detenuti nel carcere di Spini