Fra Ferrari di lusso e società offshore, scandalo su Irene Pivetti: accusata di aver evaso 8 milioni di euro di tasse, la Procura gliene sequestra 4
La ex Presidente della Camera, leghista, al centro di una accurata indagine della Finanza: oggi il Tribunale del Riesame ha autorizzato il blocco dei beni per lei e il suo consulente
MILANO. Il Tribunale del Riesame di Milano, accogliendo il ricorso del pm Giovanni Tarzia, ha disposto il sequestro di circa 4 milioni di euro a carico dell'ex presidente della Camera Irene Pivetti e di un suo consulente, tra gli indagati per riciclaggio, autoriciclaggio e frode fiscale in un'indagine su una serie di operazioni commerciali, in particolare la compravendita di 3 Ferrari Gran Turismo, che sarebbero servite per riciclare proventi di un'evasione fiscale.
Il sequestro era stato effettuato il 18 novembre dalla Gdf, ma non era stato convalidato dal gip Giusi Barbara. Poi, l'appello del pm al Riesame che oggi ha deciso. La difesa ricorrerà in Cassazione.
Sono «circa 8 milioni di euro» i ricavi «fraudolentemente sottratti a imposizione in Italia attraverso la fittizia interposizione di veicoli societari esteri» dall'ex presidente della Camera, come accertato nelle "accurate" indagini del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf.
Lo ricorda il procuratore facente funzione di Milano Riccardo Targetti in un comunicato, appena diffuso, nel quale dà conto della decisione del Riesame che ha accolto il ricorso del pm Giovanni Tarzia sul sequestro di circa 3,4 milioni all'ex esponente leghista e di oltre 475mila euro ad un suo consulente. Sequestro che non era stato convalidato dal gip a novembre.
L'ordinanza del Riesame, scrive Targetti, «fa propria la ricostruzione dei fatti e la loro qualificazione giuridica effettuata» dal decreto di sequestro preventivo d'urgenza del pm. Nel comunicato si ricordano anche le rogatorie effettuate a Hong Kong, in Cina, Macao, Svizzera, San Marino, Malta, Monaco, Gran Bretagna, Polonia, Spagna, per seguire i flussi finanziari.
Con la "interposizione" fittizia di uno "schermo societario", Irene Pivetti avrebbe raggiunto l'obiettivo "fraudolento di evasione fiscale" tra il 2016 e il 2017, compiendo "operazioni simulate" e "avvalendosi di documenti falsi e di altri mezzi fraudolenti".
E la "valutazione delle condotte emerse dalle indagini induce" anche a "ritenere sussistenti i reati di autoriciclaggio e riciclaggio" nei confronti dell'ex presidente della Camera e del suo consulente.
Così, con un provvedimento tecnico di 44 pagine, i giudici del Riesame di Milano (Mannocci-Cucciniello-Amicone) hanno accolto su tutta la linea il ricorso del pm Giovanni Tarzia, i cui contenuti ricalcavano il decreto di sequestro eseguito a novembre e poi non convalidato dal gip.
Una decisione, quella del Riesame, "immediatamente esecutiva" e che oggi ha portato, nell'inchiesta condotta dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf, ad eseguire nuovamente il sequestro da circa 4 milioni di euro a carico dell'ex esponente leghista e del consulente Pier Domenico Peirone, tra gli indagati per riciclaggio, autoriciclaggio e reati fiscali per una serie di operazioni commerciali, in particolare la compravendita delle Ferrari Gran Turismo, che sarebbero servite per riciclare proventi di un'evasione fiscale.
"Concordo con l'impostazione del gip, non con il Riesame e andremo a sentire cosa ne pensa la Cassazione", ha spiegato il legale di Pivetti, l'avvocato Filippo Cocco, annunciando ricorso. Per il Riesame, come si legge ancora, "la Only Italia Hong Kong" è stata nella vicenda al centro delle indagini "un mero schermo giuridico dietro al quale si celava l'imprenditrice persona fisica Irene Pivetti".
Attorno alle tre auto da corsa, secondo l'accusa, venne organizzata una finta vendita verso una società cinese. Quelle macchine, però, non sono mai arrivate, si legge negli atti, "nella disponibilità" dell'acquirente sulla carta, il gruppo cinese Daohe del magnate Zhou Xi Jian, ma sarebbero state trasferite dall'ex campione di Gran Turismo Leo Isolani in Spagna. L'unico "bene effettivamente ceduto, ovvero passato" ai cinesi è stato "il logo della Scuderia Isolani abbinato al logo Ferrari".
Se, da un lato, per la Procura, lo scopo di "Isolani e Mascoli", la moglie, era quello "di dissimulare la proprietà dei beni e sottrarli" al Fisco, "l'obiettivo perseguito da Irene Pivetti", dall'altro, è stato quello "di acquistare il logo Isolani-Ferrari per cederlo a un prezzo dieci volte superiore al gruppo Dahoe, senza comparire in prima persona".
Attraverso la "complessa contrattazione" Isolani e la moglie, "simulando la vendita dell'intera scuderia, hanno di fatto ceduto soltanto il logo", mentre Pivetti, scrive ancora la Procura, ha comprato quel logo a 1,2 milioni di euro e lo ha rivenduto al gruppo cinese a "10 milioni".
Gli investigatori hanno seguito le tracce di un vorticoso giro di denaro per oltre 7,5 milioni di euro con rogatorie in mezzo mondo. Tutti argomenti fatti propri anche dal Riesame: la "vicenda Isolani", scrivono i giudici, non può che avere "sul piano logico e sul piano economico" il "significato che ad essa viene attribuito dall'accusa".