Pensioni, adesso spunta la quota flessibile: via dopo i 60 anni con 35 di contributi
Con questa soluzione, secondo un’analisi della Fondazione studi dei consulenti del lavoro, potrebbe fruire una platea di 470 mila lavoratori a cui verrebbe evitato lo “scalone” della legge Fornero
ROMA. Tra i primi nodi da affrontare per il nuovo governo guidato da Giorgia Meloni ci sarà la questione delle pensioni anche se sulla questione le ipotesi emerse durante la campagna elettorale e subito dopo il voto sono abbastanza eterogenee.
"Sapete perfettamente che non mi sottrarrò ai temi, li affronteremo anche ascoltando le istanze delle parti sociali e di tutti i soggetti portatori di contributi importanti, poi nei prossimi tempi lasciateci fare tutti i necessari passaggi. Ci mettiamo al lavoro. Anzi, vado al ministero del Lavoro" assicura intanto la ministra Marina Calderone subito dopo il suo giuramento al Quirinale. Al momento non c'è una sua proposta di partenza da sottoporre all'esame del Governo, assicurano dal Ministero.
In un'analisi diffusa a maggio scorso dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro, categoria di cui la neo ministra era al vertice, si fa riferimento ad una Quota 100 o 102 "flessibile", una condizione che dovrebbe consentire l'uscita dei lavoratori di età compresa tra i 61 ed i 66 anni con almeno 35 anni di contributi. Di questa soluzione, secondo lo stesso studio, potrebbe fruire una platea di 470 mila lavoratori a cui verrebbe evitato lo “scalone” della legge Fornero.
I tempi della prossima legge di Bilancio e delle misure al momento in vigore del resto sono molto stretti ed i sindacati premono appunto per un superamento dell'obbligo di pensionamento a 67 anni. A fine anno scadono Quota 102 (ovvero in pensione a 64 anni con 38 anni di contributi), Opzione donna, (l'uscita per le dipendenti con 58 anni o 59 per le autonome e sempre 35 anni di contributi) norma che nel programma di Fdi si punta a rinnovare. In scadenza anche l'Ape sociale (da 63 anni per i lavori gravosi).
Tutto comunque dipenderà dalle risorse che saranno messe a disposizione in manovra per capire come intervenire: o la proroga di queste ultime due misure, l'introduzione di Opzione uomo (a 58 anni con 35 di contributi e un taglio dell'assegno di cui si era parlato nei giorni scorsi) o di Quota 41, cavallo di battaglia della Lega e ipotesi sostenuta anche dai sindacati che chiedono l'uscita con 41 anni di contributi a prescindere dall'età o da 62 anni. Ma una Quota 41 “secca” costerebbe circa 5 miliardi l'anno. Un'ipotesi allo studio per ridurre l'impatto finanziario sarebbe con l'introduzione di una soglia d'età.
Di certo questo è uno dei dossier più scottanti: "Serve subito un accordo sulle pensioni. Per scongiurare lo scalone della legge Fornero" dal primo gennaio 2023, insiste il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, chiarendo che il sindacato non accetterà "penalizzazioni", sottolineando che le pensioni "non sono una gentile concessione, sono un diritto".