Nat, il caneche detesta i mercatini
"Lo sguardo dei cani quando non capiscono e non sanno che possono aver ragione a non capire".
(Italo Calvino, Il Barone Rampante)
Nat, il cane semi-randagio chehanno chiamato così perché è nato alla vigilia di Natale, nove anni fa,non si trova male nella città di Trento: ne sopporta la noiosaprevedibilità e l'afa estiva, i vigili arcigni e i negoziantiscontenti, gli studenti inutilmente rumorosi alle fermate dei tram e itroppi autobus arancione, l'assurda quantità di auto circolanti e lapulizia eccessiva dei marciapiedi. Solo in due periodi dell'anno Natdetesta Trento: a fine giugno e in dicembre. E tutto per colpa delleVigiliane e dei mercatini.
Nat è semi-randagio nel senso che il suo padrone clandestinamenteanarchico, rischiando le multe dei vigili, non gli mette il guinzaglioe lo lascia libero di girare le strade del centro, perché ricorda unacanzone dell'anarchico De André: come si chiama il tuo cane? Il mio èun po' di tempo che si chiama Libero.
E così Nat sgattaiola (che paradosso, per un cane) tra le gambe deipassanti, orina alla base dei cartelli stradali, annusa gli odori deibipedi umani, ne cataloga le scarpe e i pantaloni, ne riconosce le vocie ne studia le andature.
Nat odia la seconda metà di giugno e il mese prima di Natale, perché inquei periodi la città diventa istericamente sovrappopolata, e le gambedei bipedi umani diventano una selva inestricabile, un esercitomarciante, una compatta e nervosa massa muscolare semovente chenasconde i cantoni e le prospettive, gli spigoli dei marciapiedi e lechiazze odorose dei fratelli cani, i muri delle case e addirittura quelpezzo di cielo che anche ai cani piace guardare di sbieco, ogni tanto.
Nat non sa che l'invasione dei bipedi è colpa delle Vigiliane a giugnoe dei mercatini a dicembre. Sa solo che in una delle sue piazzepreferite, quella di Fiera, il territorio delle sue corse è intralciatoda una fila di casette di legno così assediate dalla folla bipede evociante che non trova neanche il coraggio di pisciarci addosso (allecasette), rilassato come un cane libero e sovrano.
Nat crede che in questi sovraffollamenti ciclici ci sia qualcosa diesagerato e di malsano, una sorta di febbre della città che diventacaotica, irriconoscibile, insopportabile. Non sa che il sindaco èfelice dell'invasione, che l'Apt celebra le orde dei turisti conreboanti record statistici, che i commercianti fanno tintinnare glieuro e brindano al Natale allungato e anticipato come una fisarmonicafino agli ultimi di novembre. E se poi c'è anche la neve naturale, ipullman e i camper in arrivo, festosamente incolonnati a dieci all'orain autostrada, raddoppiano.
Nat non sa nulla di tutto questo ma maledice in cuor suo gli stivali, imoonboot, le pedule, i cingolati vari dei bipedi transumanti, con iloro accenti calabri, siculi, romani, lumbard, romagnoli, padani,basso-veneti e alto-emiliani, con il loro entusiasmo infantile per lecasette di legno e le candele, le palle dell'albero, il vin brulé chepoderose inchieste giornalistiche locali certificano come il nuovoobbligato trend di fine anno: è dolce, perciò piace anche alle donne!
Nat annusa la puzza di vino cotto e di crauti mal digeriti, fugge viadagli assatanati del mercatino e spera solo che Natale arrivi infretta, che il 25 la piazza si svuoti e torni ad essere, come nellacanzone che ascolta ogni tanto il suo padrone: tutta mia la città, undeserto che conosco.
Nat torna a casa, col pelo impregnato di odor di brulé, si acciambellasullo zerbino, e si mette a sognare la sua piazza senza l'orda. Comequelle domeniche di inizio marzo, ancora fredde, quando il suo padronecon l'insonnia esce presto, prima delle sette, e la città è deserta, edè delizioso orinare davanti ai bancomat, e sopra i merli di piazzaFiera il cielo è azzurro forte. E correre dal palazzo del vescovo finoal Baccus, egualmente silenziosi, è una delle cose belle in una vita dacane. E i rari bipedi che passano sono perfino simpatici. Umani.Diversi dalla folla delle centomila teste che gli rovina l'attesa delNatale. Umani, umane. Come quelle due badanti sulla panchina, davantialle mura, che parlano una lingua strana che Nat non conosce perché nonha mai avuto una storia con una quadrupede ucraina, ma sono bionde,forti e allegre alla faccia della nostalgia per la casa lontana. E lui,Nat, si può fermare a guardarle, ad annusarle, e loro lasciano fareforse perché appartengono alla stessa famiglia dei semi-randagi. Liberie forti.
Nat si risveglia sereno all'ora della cena. Lo annusa, lo sente, glielodicono le nuvole: anche quest'anno la follia del dicembre tridentinopasserà.