I polacchi a Katyn, strage censurata
Lasciagura aerea, in terra russa, che ha sconvolto la Polonia, riaprel’enorme ferita di Katyn, il luogo del massacro - ad opera deisovietici, 70 anni fa - di 22mila ufficiali dell’esercito polacco. Làera diretto l’aereo della morte, tra quei boschi verdi che nell’apriledel 1940 videro uno dei più orrendi eccidi della seconda guerramondiale. Una strage a lungo negata dall’Unione sovietica, chel’attribuiva ai tedeschi, e che finalmente è diventata memoriacondivisa, nei giorni scorsi, con Putin presente a commemorarne levittime: quei polacchi ammazzati dai “compagni” di Mosca furonostritolati dalla logica implacabile del patto Molotov-Ribbentrop(agosto 1939), dal temporaneo ma micidiale accordo tra iltotalitarismo nazista e quello comunista, tra Hitler e Stalin, chebruciò l’indipendenza della Polonia, la prima nazione violentata esmembrata dal furore del conflitto mondiale.
Gli ufficiali dell’esercito polacco erano la classe dirigente delPaese: professori, professionisti, intellettuali. Massacrare loroequivaleva a decapitare la Polonia: e la dannazione della memoria hacolpito anche le loro famiglie, costrette al silenzio insopportabiledalla menzogna proclamata e dalla giustizia negata.
La sciagura aerea, che ha ucciso sabato numerosi esponenti della classedirigente polacca (ma anche i parenti delle vittime) che andavano acommemorare il barbaro eccidio, ripropone così un doveroso esercizio dimemoria.
Potrebbe essere una buona ragione per riscoprire un recente film(“Katyn”, 2007) del grande regista polacco Andrzej Wajda (classe 1926),il cui padre Jakub fu ucciso dalla polizia segreta sovietica a Cracoviae buttato nelle fosse comuni occultate tra quei boschi verdi di Katyn,film che pochissimi in Italia hanno visto: perché ci sono memoriepoliticamente corrette - come quelle dello sterminio nazista degliebrei, eccezion fatta per il presidente dell’Iran - e memoriepoliticamente scorrette: per esempio il genocidio degli indianid’America, quello degli armeni nel 1915 (tuttora negato oridimensionato dai leader turchi), e la strage di Katyn, appunto.
Ha avvertito Wajda alla vigilia della sciagura, peraltro riconoscendol’enorme passo avanti della commemorazione condivisa tra russi epolacchi: il problema è che Katyn sia riconosciuto finalmente eufficialmente come crimine di guerra e non delitto ordinario, e dunquesia sottratto ad ogni prescrizione.
Un crimine di guerra frutto di un immondo baratto tra due dittaturespietate, un crimine che non ha soltanto ucciso il meglio della societàpolacca, i suoi uomini più capaci, ma ha anche - come dice Wajda -ucciso ora dopo ora, giorno dopo giorno, le loro donne e i loro figli,che li hanno aspettati a lungo, in mezzo ai dubbi più atroci,schiacciati dal peso insostenibile della menzogna e del silenzio.
Che il film di Wajda, in questi giorni, sia passato per la prima voltasulla televisione russa, è comunque il segno che la verità storica,prima o poi, riesce a riaffiorare, riemerge contro ogni tentativo diannegamento e di rimozione. Magari bisogna aspettare 70 anni, a volteanche più a lungo, ma le ingiustizie troppo grandi vengono fuori, allafine, perché il grido delle vittime prima o poi squarcia il silenzio, eperché ai morti senza voce, alla fine, c’è sempre qualcuno cherestituisce la parola: magari un vecchio regista, che sa raccontare lestorie, disseppellite e riportate alla vita con quel miracolo che è ilcinema.
Il film ridà volti ai morti e ridà fiato ai loro cari e ridà veritàalla storia truccata dal potere. E allora un nome a lungo silenziato erimosso come Katyn torna ad essere pronunciato, e diventa memoria.Vergogna. Lezione.