Insegnanti incompresi e incomprensibili
Gli insegnanti che protestano rischiano di non farsi capire. Rischiano di non riuscire a spiegare alla gente, a chi non lavora fra le mura di una scuola, le ragioni della protesta. Contratto, scatti bloccati, graduatorie che si aprono e si chiudono come il ponte levatoio di una fortezza inespugnabile (chi è dentro è dentro e chi è fuori è fuori, in pasto ai coccodrilli nel fossato), tirocinio abilitante, concorsini e concorsoni per accaparrarsi un posto.
Che si tratti di mondi che non riescono a parlarsi lo si coglie, senza grandi sforzi, leggendo i commenti agli articoli riguardanti le famose 24 ore di insegnamento. Il Governo ha dato lo stop all'aumento: si resta a quota 18 ore settimanali.
E vai a spiegare che ci sono anche altre attività parallele, i compiti da correggere, la formazione. E vai a spiegare che i docenti italiani hanno salari più bassi rispetto ai tedeschi o ai francesi. "Bella forza! - ci si sente rispondere - Anche per le altre professioni il confronto con l'Europa civile è impietoso".
Chi lavora in cattedra (sicuramente moltissimi, si spera la maggioranza, con passione) e protesta rischia l' "effetto litania", l'effetto "preghiera di supplica", che può causare nuove rigidità.
Ma un punto è stato chiarito anche in queste ore di assemblee e mobilitazioni: quello dell'insegnante non è un mestiere come gli altri; richiede VERA passione, perché se sbagli a pagare SUBITO sono persone, giovani donne e giovani uomini.
E sulla scuola - è stato detto - forse non è il caso di risparmiare. Ma poi a qualcuno vengono in mente quei docenti che hanno perso la motivazione (o forse non l'hanno mai avuta) e vivono solo per le lunghe ferie. Una minoranza. Sicuramente una minoranza. E si torna allo scontro, a non capirsi.