Comune di Trento, buco nell'acqua
La questione dell'acqua e di come debbano essere gestite le risorse idriche della città va affrontata con pragmatismo. Il che significa mettersi dalla parte dei cittadini e stabilire cosa conviene a ogni comune utente allacciato all'acquedotto. Cosa conviene per far sì che la qualità dell'acqua distribuita resti elevata come da noi per fortuna è sempre stato, che le bollette pesino il meno possibile ma anche che la risorsa, che nel futuro sarà sempre più preziosa, rimanga saldamente in mano pubblica.
Se dal punto di vista giuridico la società in house, controllata dagli enti pubblici, sia fattibile lo devono stabilire gli esperti. E sarebbe miope incaponirsi su questa strada se alla fine un qualsiasi ricorso al Tar potrebbe finire per far crollare il castello. Con pragmatismo si dovranno perciò valutare anche le altre opzioni: l'azienda speciale, la fondazione, la gestione diretta. Valutando pro e contro in termini di efficienza di gestione, senza dimenticare che il bacino d'utenza probabilmente migliore non si limita ai confini del capoluogo ma abbraccia tutta la Valle dell'Adige. Servono insomma quei calcoli, quelle valutazioni tecniche e giuridiche che nel dibattito che ha tenuto impegnato nell'ultimo mese il consiglio comunale sono clamorosamente mancati. Calcoli utili per decidere secondo buonsenso.
Detto questo c'è anche un nodo politico da sciogliere. Puntare sulla società per azioni significa non fidarsi della capacità del pubblico di gestire con efficienza ma anche esporsi con maggiore facilità, a lungo termine quando gli echi dei referendum si saranno spenti, alle attenzioni del business. La gestione pubblica a tutti i costi porta invece con se il rischio di creare l'ennesimo carrozzone pubblico che alimenta sprechi e clientele.
Voi cosa scegliereste? Commenti e spunti che arricchiscano il dibattito sono graditi.