Capricci a due anni e genitori impreparati

Dino Pedrotti

Il libro "Bambini sani e felici" (ora online qui) propone ai genitori in ogni sua pagina uno schema di comportamento di fronte a 100 domande: ad ogni domanda sono previste tre soluzioni tra cui scegliere. Per avere bambini sani, si può scegliere alla vecchia, imponendo farmaci (1) o seguendo consigli superficiali (2) o secondo i veri bisogni del bambino, con consigli aggiornati di alimentazione e prevenzione (3). Per avere bambini felici si può scegliere il vecchio ordine ottenuto con autoritarismo (1) oppure il permissivismo (2) oppure il dialogo (3). Ma per saper dialogare con un figlio, per la prima volta al mondo, bisogna studiare, studiare, studiare, per non trovarsi impreparati di fronte alla sue inevitabili provocazioni.

Dopo un primo anno tranquillo (il bambino è pappa e ciccia con la mamma), prima dei due anni un figlio prende coscienza della sua individualità e pronuncia per la prima volta tre parole nuove: IO, NO, IO VOGLIO! Le nonne (1) sapevano esattamente cosa fare, anche con dieci figli, tutti in fila… I bambini imparavano che occorreva obbedire, sempre! Anche oggi prudono le mani ai genitori, ma è a tutti noto che le maniere forti non si devono usare: si fa brutta figura e c'è anche il "telefono azzurro"…

C'è una soluzione più moderna (2) che risolve senza problemi la situazione. Cosa si fa quando il bambino ci provoca perché non vuole mangiare o star seduto o tornare a casa? Cosa fare quando si butta per terra e urla con rabbia, perché vuole avere quel giocattolo o quel dolce? O quando batte la testa sul muro o lancia oggetti o ci insulta con parolacce? La soluzione che ci appare più semplice è accontentarlo, purché stia zitto.

Il permissivismo nei primi anni di vita è molto (troppo) diffuso, alimentato da un consumismo che alletta mamme e bambini ad avere, avere, avere e dalle mode che impongono di apparire, apparire, apparire. Ripeto spesso che "i bambini sono più furbi dei loro genitori"… Loro provocano e tengono conto delle nostre risposte: se vede che siamo deboli e cediamo, lui rincarerà la dose e giustamente pretenderà concessioni sempre maggiori. È quel che fanno anche i sindacati quando la controparte è debole… Il bambino arriva a fare anche delle scenate, se vede che c'è pubblico o se ci sono nonni compiacenti.

Che fare? Consiglierei di andare alle pagine 107-115 del libro (3) e "studiare" come giocare la migliore partita a tennis con nostro figlio nel gioco della vita: noi siamo istruttori e dobbiamo capire dove il bambino ci lancia la sua pallina, dobbiamo saperla ribattere in modo che lui la riprenda e ce la possa rilanciare. La prima regola del dialogo è l'ascolto, ma poi occorre saper usare parole convincenti che il bambino possa capire (e mai parole offensive o modi forti): lui sta costruendo la sua personalità.

Il dialogo col figlio comincia alla nascita e si impara soprattutto nei momenti in cui si dà cibo (l'allattamento è la prima occasione, a cui segue lo svezzamento e i pranzi a tavola dopo l'anno) e in cui si gioca.

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