L'Italia sembra bella solo dallo spazio
Dallo spazio l’Italia è proprio bella. Samantha Cristoforetti lo afferma e ha l’aria felice. E sicuramente ha ragione, detta a quella distanza di sicurezza è una grande verità. Ma chi sta quaggiù sembra purtroppo che non sia della stessa opinione, anche chi ce la mette tutta in certi momenti viene preso dallo scoramento. Come ci verremo fuori? si chiede la gente che vive l’atmosfera pre-natalizia con l’angoscia di non avere certezze. Perché è proprio la nebbia a incutere timore e non soltanto in quel milione e mezzo che è sceso in piazza per lo sciopero generale, ma anche e soprattutto in quei molti milioni che sono stati a casa perché ormai non hanno più fiducia nella politica e nemmeno nei sindacati.
La protesta è andata dritta a colpire le politiche economiche e del lavoro prospettate dal governo, che anche se definite jobs act non addolciscono la pillola, sempre di lavoro si tratta, lavoro che non c’è, lavoro che si perde, lavoro non pagato. E all’esterofilo jobs act i cittadini rispondono con un termine italianissimo: dignità. Non serve tradurlo, tutti capiscono che significa rispettabilità, considerazione verso se stessi.
Un termine che ha un significato culturale e sociale ma anche spirituale, così come venne inteso quando al primo articolo della Costituzione fu scritto: «L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro». Samantha, dallo spazio si vede che quell’articolo è stato preso a colpi di piccone? «Faremo una nuova Resistenza», ha annunciato il leader della Uil. E in certe situazioni è un attimo dar fuoco alla folla. «Non ci fermiamo, la lotta continua», aggiunge il leader della Fiom.
Si parla di lotta e l’atmosfera pre-natalizia si affloscia, non bastano i mercatini a dar vigore all’entusiasmo. Il presidente Napolitano commenta sconsolato: tutto questo è segno di tensione. Non prosegue nell’affondo per non aggiungere benzina alle fiamme, ma la sua preoccupazione è palpabile. D’altra parte quando pare che ogni via d’uscita sia preclusa, che fare? Quando gli operai dell’Alcoa - ma anche gli altri, ovviamente - si trovano all’esterno della fabbrica anziché dentro, quando non indossano più i caschetti per proteggersi durante il lavoro ma li usano per scriverci frasi di protesta contro una situazione diventata insopportabile, frasi lanciate come messaggi almeno per tener vivo l’interesse dell’opinione pubblica affinchè non si rinchiuda dentro il proprio recinto innalzato con mattoni d’egoismo?
Che fare quando non hanno il coraggio di guardare in faccia le famiglie perché ritengono di non avere più la dignità, e nello stesso momento vengono a conoscenza di scandali inimmaginabili, di truffe e ruberie troppo grandi, troppo sfacciate, troppo protette da connivenze o da negligenze? Per quelli lì il vocabolario ha cancellato il termine «dignità», per quelli «disonestà» non vuol dire compiere azioni illecite e immorali, bensì fare i propri affari, fregarsene del prossimo, ridere sulle disgrazie altrui e anzi trarne il massimo vantaggio.
Serve rispetto reciproco - ammonisce Napolitano alludendo ai rapporti tra sindacato e governo - senza esasperazioni, evitando il braccio di ferro. È il suo ruolo, ovviamente, com’è il ruolo del Papa affermare che tutti devono avere il lavoro ed essere solidali, com’è il ruolo del governo mettere mano alla riforma tirando dritto perché convinto di far bene purchè lo lascino lavorare. Ma qual è il ruolo dei cittadini, quelli che protestano in piazza e quelli che si disperano a casa?
Dovremmo fare appello alla riserva di ottimismo prima che si esaurisca del tutto, provare a credere che dando una mano, ciascuno come può, dialogando per migliorare e costruire insieme si può andare a cercare la via d’uscita lasciando per strada i disonesti e gli incapaci. Forse là in fondo c’è una luce ed è probabile che non sia la stella cometa sulla capanna a indicarla e nemmeno Samantha dalla stazione spaziale. Forse dobbiamo continuare con molta convinzione a cercarla da soli.